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Restiamo amici

Regia di Antonello Grimaldi vedi scheda film

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La recensione su Restiamo amici

di alan smithee
3 stelle

Quarantenni in cerca di una svolta.

Alessandro (Michele Riondino) è un piacente pediatra, rimasto assai prematuramente ed inconsolabilmente vedovo, costretto a gestire da solo la vita col figlio adolescente nei ritagli di tempo che il proprio lavoro caparbiamente concede.

La telefonata improvvisa dal Brasile, lo rimette in contatto con un amico coetaneo di nome Gigi (Alesandro Roja), che gli comunica di versare in condizioni fisiche così precarie da temere il peggio. Per questo, impietosito dalle tristi circostanze, il nostro protagonista si fa coinvolgere entro i dettagli di un intrigo legato ad una eredità condizionata da un avvenimento di cui solo Alessandro può rendersi garante, mettendo a repentaglio certezze familiari ed affettive per lui imprescindibili. Nel losco affare verrà coinvolto anche un terzo amico quarantenne, Leo (Libero De Rienzo), afflitto da una compagna esigente ed insopportabile che non gli concede tregua, consapevole della incontrollata tendenza del consorte a cedere indiscriminatamente al fascino femminile di molta concorrenza.

Strutturato assai maldestramente come una variante apocrifa di quell'inimitabile ed irraggiungibile opera letteraria che fu Il fu Mattia Pascal (sin troppo difficile da trasporre al cinema nella versione originale, che ha messo in difficoltà imbarazzante anche maestri del calibro di Monicelli), Restiamo amici svilisce presto la sua storiella nei tic dei suoi fragili protagonisti, pur interessanti - almeno nelle intenzioni, nella persona dei suoi bravi ed interessanti tre nomi attoriali coinvolti.

La regia di Grimaldi, in più, senza guizzi né idee di sorta, banalizza la già esile vicenda con la nota pedanteria, già vista in molta commedia italiana, che si traduce nel voler tracciare sfondi di insistita fotogenica italica relativa ad una periferia riprodotta in scorci anche visibilmente piacevoli, ma irrimediabilmente cartolineschi e smodati, fine a se stessi ed ostentati con fastidiosa insistenza.

Se il terzetto in parte funziona, lo si deve più ai singoli talenti dei tre attori, che alla costruzione dei rispettivi, fragili personaggi. Ogni altra figura appare sfocata, banale o mal recitata, a seconda dei casi, anche se resa da attori professionisti altrove assai bravi come Ivano Marescotti (caricaturale sino all'imbarazzo qui, nella parte del notaio disonesto) e Violante Placido, coinvolta in questo contesto a rendere credibile un personaggio sfocato e costellato di tic caratteriali banali come quello della bella quarantenne divorziata che ha smesso di credere nella possibilità di rifarsi una svolta amorosa seria e condivisa.

 

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