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Trainspotting

Regia di Danny Boyle vedi scheda film

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Gangs 87

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La recensione su Trainspotting

di Gangs 87
7 stelle

Beh difficile davvero giudicare questo film. Difficile non solo per l’ovazione di popoli che si porta dietro, per l’alta considerazione che negli anni è stata arricchita sia dall’apprezzamento degli addetti ai lavori ma soprattutto alla stima che ha accumulato dal pubblico.

 

La seconda pellicola di Danny Boyle, agli albori della sua carriera caratterizzata da una variegata filmografia che ha la capacità di racchiudere le argomentazioni più svariate, che diventano il fulcro di racconti ai limiti della follia. Forse è stato proprio per il coraggio di osare, che comunque ha continuato a rappresentare i film di Boyle, che ha permesso al regista inglese di raccogliere l’approvazione da parte della critica prima che del pubblico. Di certo non è compito poco arduo raccontare l’abisso dell’eroina, con una collocazione temporale astratta (che permette allo spettatore la libertà di contestualizzare il tutto in base alle proprie conoscenze ma principalmente alle proprie sensazioni) che garantisce l’enfatizzazione dell’argomento centrale che, per quanto disturbante, soprattutto a causa del modo in cui Danny Boyle decide di rappresentarlo, è così reale che quasi sembra tangibile.

 

Ewan McGregor, alla seconda collaborazione con Boyle, e al suo quarto film, dimostra di saperci fare. Il suo Mark Renton è l’emblema dell’eroina. Capace di rappresentare la perdizione, l’abisso infimo in cui si cade per l’abuso, la disintossicazione necessaria alla rinascita. Tutte le fasi, vivide e raccontate senza mezzi termini, laddove l’alienazione rappresenta lì obliterazione del biglietto per la fuga dalla follia o  meglio dalla realtà folle che non concerne opzioni che sia riconducibili ad una vita vivibile.

 

Non ha paura Boyle di raccontare il disgustante squallore che racchiude il mondo di un tossico dipendente. Ne di mettere in scena la naturalezza e la leggerezza con cui la droga finisce per farti affrontare i momenti più drammatici della tua vita; nemmeno di rappresentare il nulla negli occhi di una madre che ha lasciato morire un figlio e il cui unico pensiero è iniettarsi in vena un’altra dose, che possa sovrastare il dolore che essa stessa (la dose) ha causato. Quando la causa diventa l’effetto allora inizia il circolo vizioso, in ogni senso in cui può essere inteso, da cui non ne uscirai più lo stesso.

 

Eroina sì ma anche amicizia, crescita, dolore e sconfitta. Rinascita, vendetta, amore e follia. Pura follia, come ogni sceneggiatura di John Hodge sa essere e come mai più sarà il cinema di Boyle senza la sua collaborazione. Perché ahime’, ahinoi anche il caro vecchio e irriverente Danny si è votato alla benevolenza della critica a stelle e strisce … ipocritica è colui che giudica migliore il suo cinema degli ultimi anni, spento e morto dentro. Perduto per sempre.

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