Regia di Danny Boyle vedi scheda film
Qual è il motivo per cui i protagonisti di Trainspotting vivono come bestie? La noia. Questo è assolutamente accettabile, o almeno lo sarebbe se il narratore e la camera non indugiassero sui particolari trasformandoli in fiabeschi e quindi desiderabili, se le overdosi non diventassero sogni di evasione e se malattie e morte rimanessero un discorso applicabile soltanto 'per gente sfortunata': rimane da stabilire fino a che punto il libro e il film siano un'apologia della tossicodipendenza. Le provocazioni sono bene accette, ma qui non potevano essere meno esplicite, supponendo speranzosi ve ne fossero. Colorato, ritmato, ricolmo di droga, ribelle nell'accezione più chic e modaiola del termine, è questo un film giovanilista, scritto e girato per fare breccia in una generazione e difficilmente apprezzabile da altro pubblico. E con questo, intendiamoci, non è affatto un brutto lavoro: solo il fatto che apra una questione morale significa che sa il fatto suo, che è tutt'altro che ingenuo come vorrebbe far credere; inoltre è un film diretto molto bene, con interpreti all'altezza ed una trama composta di situazioni memorabili, ben scritte, intriganti. In più punti il protagonista (McGregor, bravissimo) ricorda Alex di Arancia meccanica: ma lì la violenza (meglio: ultraviolenza) era surrealizzata, qui la droga (ultradroga) è soltanto descritta nella sua normalità, soffermandosi sui pregi e tralasciandone spesso i 'difetti'. Onore al merito di chi ha saputo mettere in scena un lavoro tanto drastico e ben definito. Destinato ad un pubblico giovane, ma consapevole.
Gruppo di amici eroinomani scozzesi passa le sue giornate fra dosi e necessità primordiali, tutti tranne uno che non si droga ma si sbronza e fa risse. Uno del gruppo si disintossica e trova un lavoro decente, ma presto viene risucchiato di nuovo dagli altri e torna alla vita delinquenziale e tossica di prima. Una rapina e la fuga con il bottino sembrano l'unica soluzione possibile.
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