Regia di Danny Boyle vedi scheda film
Esprimere un giudizio su questo film non è facile. Soprattutto esprimere un giudizio morale. Però, prima di tutto, mi sembrerebbe opportuno partire dal libro di Irvine Welsh. Lo scrittore scozzese scrive in un modo che assomiglia ad un cazzotto che ti raggiunge allo stomaco. I suoi personaggi sono disperati e perduti, non hanno vie d' uscita dalla loro devastante esistenza. L' unico modo, quello che sceglierà Mark Renton, sarà di fottere gli amici. Fottere gli amici e scappare (verso Amsterdam) e verso una vita che lo impaurisce ma anche lo affascina immensamente. Tra le pagine di Welsh i personaggi si delineano in maniera molto più particolareggiata. Molti sono i capitoli scritti in prima persona e quindi noi, di volta in volta, entriamo dentro la personalità di Rents, Sick Boy, Spud e Bugbie. Quello che il libro vuole portare alla luce è il desolante vuoto esistenziale in cui questi ragazzi si muovono. Di quel buco che Sick Boy si sente dentro al petto e che non sa come cazzo riempire. Dell' eroina che appare una scelta che ti libera da tutte le altre. Esiste solo lei e tu esisti di conseguenza. Non ci sono altre cose a cui pensare. Altre preoccupazioni. Quando i ragazzi cercano di smettere con la roba si attaccano a tutte le altre droghe. Alcol, hashish, anfetamine, oppio, metadone, pasticche. Non c'è una scelta. Se non quella della droga che bisogna assumere. Il libro è un qualcosa di devastante e autentico. E' la vita ai suoi margini. E' il tentativo di mandare tutto a fare in culo. Te compreso.
Nel film questo tono di assoluta perdita di se stessi non è altrettanto riportato. Nel film è Mark Renton il personaggio principale. Nel film non c'è lo stesso dolore, la stessa disperazione, la stessa rabbia. Ci sono ragazzi che si drogano. Ma non sono gli stessi ragazzi del libro. Ci sono alcune sequenze che mantengono la dolente sensazione delle pagine scritte, come quando muore la bambina di una delle ragazze o come quando Mark ha la sua crisi di astinenza, ma il resto deraglia in un qualcosa che non riesco a giudicare. Da una parte mi sembra che Danny Boyle abbia fatto un film furbo e accattivante. Strizzando l' occhio a Kubrik. Che abbia estetizzato eccessivamente quello che doveva essere una sorta di vita reale dei ragazzi che si drogano. Con soluzioni filmiche molto interessanti e originali ha però tralasciato la crudezza del mondo che cercava di raccontare. Una colonna sonora molto bella ha fatto il resto. Trainspotting in questo modo diventa un film. Diventa una storia che parla di droga. Ma che alla fine si scorda della vera realtà della droga (l 'eroina) e alla disperazione delle persone che ne rimangono schiave. La cosa più bella del libro di Welsh è la totale assenza di una moralità che vuole giudicare dall' esterno. I giudizi morali sono solo quelli dei personaggi che si interrogano sulla propria vita e su loro stessi.
Il film quindi in quanto prodotto audiovisivo è molto interessante. Ben girato, ottima colonna sonora, attori all' altezza, invenzioni visive e narrative, ma la cosa più importante la perde. La sua anima. Trainspotting è un film che non racchiude una propria anima dentro di sé. Questa è scivolata via. Si è persa. E non so per quale motivo. Leggetevi il libro per comprendere veramente il dolore di chi ha fatto dell' eroina l' unica e sola compagna di vita.
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