Regia di Letizia Lamartire vedi scheda film
Laureata al conservatorio, dopo aver intrapreso gli studi di musica e cinema, e diplomata alla scuola di regia con il corto "Piccole italiane", poi presentato alla S.I.C. 2017, Letizia Lamartire si è fatta notare alla Mostra del Cinema di Venezia del 2018 con il film d'esordio "Saremo giovani e bellissimi", a sua volta nel programma della Settimana Internazionale della Critica. Una vetrina importante che l'ha messa in luce conducendola sotto le ali avvolgenti del colosso dell'entertainment Netflix che le ha affidato alcuni episodi della seconda e della terza stagione della serie "Baby".
Adesso Lamartire torna al lungometraggio con un progetto ambizioso e potenzialmente molto proficuo capace di unire la passione degli italiani per il calcio e per il piccolo schermo. Moltissimi sono i fan di Roberto Baggio, gli appassionati di calcio e i vicentini che aspettano con trepidazione la prima del "Divin codino", il prossimo 26 maggio, disponibile sulla piattaforma in ogni parte del globo. In attesa di capire il reale successo dell'operazione il brano di Diodato, "L'uomo dietro il campione", tratto dalla colonna sonora, è già in rotazione nelle emittenti radiofoniche italiane a fare da apripista. L'hype intorno all'evento c'è e, a mio avviso, in "condizioni normali", un passaggio in sala, come evento speciale, avrebbe garantito al film i numeri del tanto vituperato "Chiara Ferragni: Unposted" di qualche anno fa.
Prima di Baggio e il suo codino c'è stato, però, come accennato poc'anzi, "Saremo giovani e bellissimi" con il quale la regista, classe '87 si è fatta le ossa nel lungometraggio di finzione. Il film d'esordio di Lamartire racconta del conflittuale rapporto madre/figlio tra Isabella e Bruno. La prima è una donna intorno ai quaranta con un brillante passato musicale che le nuove generazioni ignorano e faticano ad apprezzare. Isabella canta in un locale di Ferrara perché il proprietario ne è innamorato da anni e non ha cuore di metterla su una strada. Il secondo, Bruno, vive e lavora per la madre distratta, irresponsabile, egocentrica e ancorata ad un passato di successo tramutatosi, ormai da anni, nelle tante sedie vuote che l'accolgono durante le esibizioni. Mancanza di soldi, amanti ragazzini, gelosia verso il nuovo fidanzato di lei e vecchie questioni mai risolte, nonché il desiderio di affrancamento dalla madre, che fa capolino con la comparsa di una giovane musicista nella vita del ragazzo, danno fuoco alla miccia di un ingestibile fuoco d'artificio.
Lamartire si affida ad una splendida Barbora Bobulova, sole biondo intorno al quale gira ogni personaggio, nel bene e nel male. Con un bicchiere pieno, fra le mani, Isabella racconta una vita piena di rimpianti, un conflitto interiore sfociato nel nichilismo, il rancore per una carriera naufragata con la maternità. Con un microfono tra le mani Isabella è una donna migliore, amata dalla musica che cancella i rimpianti diventando un caldo rifugio a cui aggrapparsi. Il film analizza l'inevitabile crescita emotiva del giovane Bruno che trova la forza di uscire dal caloroso e opprimente marsupio materno per percorrere nuove strade in solitaria. Ma è nella rappresentazione dei tormenti della donna che il film manifesta le sue carte migliori. Anche Isabella è costretta ad un riscatto da troppo tempo rimandato ed è proprio la "fuga" del figlio ventenne che la costringe a guardarsi dentro e non procrastinare, ulteriormente, il vis-à-vis con il passato.
"Saremo giovani e bellissimi" funziona molto bene nella gestione dei personaggi, un pò meno a livello narrativo. Certi passaggi peccano di ingenuità come l'incidente in motorino che da il là al rapporto tra Bruno ed Arianna. Al netto dei limiti di sceneggiatura e alla mancanza di esperienza del protagonista maschile il film risulta piacevole. Bobulova scalda l'ambiente cantando la malinconica e bellissima "Tic tac" che ricorda Nada e Giuni Russo con il suo sapore anni '70, mentre la fotografia risalta le bellezze architettoniche di Ferrara e Comacchio, sponsor e location di una storia che poteva essere ambientata altrove non essendo particolarmente legata al territorio. Mia moglie, che lo vide a Venezia, disse: "belli gli squarci della mia città ma nemmeno una comparsa che parli in ferrarese". Vedendo il film, ci siamo spiegati, invece, quella strana insegna al neon, sempre spenta, che vedevamo risalendo l'Addizione Erculea durante le nostre sortite in città l'anno prima. Non c'erano e non potevano esserci locali in quel luogo. Non nella realtà. Ma nella finzione anche il lastrico acciottolato di Corso Ercole I d'Este, circondato da palazzi rinascimentali e giardini impenetrabili, è potuto diventare cassa armonica di una tormentata strofa:
Oui, cherie
la vita eterna è dentro un elisir
e la realtà è soltanto un film
Sì può vivere anche qui
eterni come eroi
non moriremo mai
Mai.
Un brano che, superfluo a dirsi, si adatta bene anche al talento nostalgico del "Divin Codino".
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