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Come un gatto in tangenziale

Regia di Riccardo Milani vedi scheda film

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alan smithee

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La recensione su Come un gatto in tangenziale

di alan smithee
6 stelle

I ricchi vs. i poveri. Chi pensa vs. chi smazza. E viceversa: chi ostenta ciò che non si può permettere e chi minimizza per confutare sobrietà e realizzazione; chi si crogiola nella caciara grossolana, ma sincera, e chi si trincera dietro bei pensieri, validi solo a livello teorico, per vendersi bene e sfumare quando si tratta di passare ai fatti.

L’arrosto è buono ed invitante, ma volgare e politicamente scorretto; il suo profumo delizia gli olfatti, ma non sfama i palati delle masse.

-Giovanni di lavoro pensa, progetta soluzioni, costruisce ipotesi spesso audaci, quasi sempre ammalianti e avveniristiche da dare in pasto ai politici nostrani per farsi belli nei meeting europei ove tutto ciò che appartiene all’utopia piace e possiede chances per farsi apprezzare e votare. E’ divorziato da una bella coetanea snob trasferitasi in Francia a coltivare piante da essenza, e ha una figlia tredicenne bella ed ingenua.

locandina

Come un gatto in tangenziale (2017): locandina

-Monica vive di cassa integrazione, e di lavoretti saltuari “a chiamata” nella mensa delle suore, col marito in carcere, e a proprio carico un figlio coatto tredicenne sveglio (almeno sessualmente) e due cognate gemelle obese (assai divertenti) afflitte dalla mania dello shopping compulsivo, che le rende vere e proprie irresistibili ladre indefesse.

I due si incontrano, anzi si scontrano, inseguendo ognuno il proprio pargolo, quando i due giovani iniziano a frequentarsi.

La differenza di ceto sociale è spiazzante anche per Giovanni, che si sta occupando di progetti di riqualificazione di borgate popolari, e enfatizza slogan di integrazione ed emancipazione a beneficio del ceto più debole. La realtà che gli si trova di fronte (sua figlia che frequenta un borgataro figlio di un galeotto), fa cambiare all’uomo tutti i suoi bei principi preimpostati di tolleranza ed integrazione.

Paola Cortellesi, Antonio Albanese, Simone De Bianchi, Alice Maselli

Come un gatto in tangenziale (2017): Paola Cortellesi, Antonio Albanese, Simone De Bianchi, Alice Maselli

Antonio Albanese, Sonia Bergamasco, Claudio Amendola

Come un gatto in tangenziale (2017): Antonio Albanese, Sonia Bergamasco, Claudio Amendola

Il tutto all’interno di una vicenda familiare che Riccardo Milani (che in tema di “romanzo popolare” si era già dimostrato grande con quel riuscito e struggente, ma anche divertente Il posto dell’anima del 2002 ) struttura ed interseca in un confronto serrato, inserendosi (piuttosto bene) nel filone della tipica commedia italiana a sfondo sociale, ove la satira sui vezzi immaturi e faziosi da una parte (quelli della sofisticata borghesia ipocrita e profittatrice che vive e sguazza sulle abitudini e sui costumi di vita del popolino teledipendente e condizionabile col telecomando), e l’ironia sulle fisiologiche strategie di sopravvivenza e sull’arte dell’arrangiarsi in cui da sempre risultiamo il paese più predisposto, si confrontano in modo frizzante, a volte persino incandescente.

Poi certo, un deciso contributo lo forniscono sia i due attori protagonisti, una Paola Cortellesi caciarona, prorompente, sguaiata, ma sincera, e un Antonio Albanese ipocrita e predicatore di chimere, architetto di congetture acchiappa-consensi ma senza contesti concreti, sia i due celebri validi interpreti in secondo piano (il galeotto tarchiato e tatuatissimo Claudio Amendola e l’espatriata snob tutta finesse e francesismi ostentati Sonia Bergamasco – quest’ultima davvero irresistibile), conferendo alla commedia divertente una riflessione semiseria di uno sfondo sociale che non riesce a confrontarsi, a comprendersi, ad accettarsi reciprocamente, per nulla banale, degno dei tempi della commedia popolare dell’impareggiabile Sordi.

Antonio Albanese

Come un gatto in tangenziale (2017): Antonio Albanese

Alice Maselli, Simone De Bianchi

Come un gatto in tangenziale (2017): Alice Maselli, Simone De Bianchi

Molto interessante, in particolare, la scelta del regista di accostare i vezzi di una società-bene che si spoglia dei propri averi (pur sapendo di poterne disporre a piacimento), che cammina scalza per scelta, di fronte ad un popolino greve che, al contrario, ostenta ciò che non gli appartiene, ovvero – per restare nell’esempio - tacchi alti e vertiginosi, scomodi ma di richiamo per prenotarsi il posto verso uno status che non si possiede, non si raggiungerà, e che chi lo ha in mano è seriamente convinto che tutti gli altri al di sotto del loro rango, non lo meritino.

Il confronto tra questi due mondi antitetici che in qualche modo abbisognano ognuno dell’altro, ma non riescono a convivere nello stesso contesto, dà vita ad un confronto ingestibile, che ha le stesse probabilità di sopravvivenza di “un gatto in tangenziale”.

Il film non può, né ambisce, a provocare sensazioni o stati emotivi particolarmente stordenti, ma si accontenta con saggezza i pennellarci i tratti più grotteschi e comici di una satira sociale che si infiamma a seguito di un incontro-scontro davvero troppo ravvicinato tra due poli inevitabilmente antitetici, omaggiando per certi versi i capisaldi della storica ed indimenticata commedia all'italiana, debitamente attualizzata allo sfacelo economico che non conosce sosta e alla frenetica isteria dei nostri giorni.

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