Regia di Sergio Sollima vedi scheda film
Film dignitoso di Sollima, né bello né brutto, discretamente interpretato da un cast internazionale, in omaggio alla coproduzione italofrancese, più protagonista inglese Oliver Reed, una delle stelle emergenti dei primi anni settanta. Reed (non uno dei miei attori preferiti) è un vicedirettore italiano di un carcere che fa evadere Fabio Testi (un criminale francese con nome spagnolo) per liberare la moglie Agostina Belli (parecchio mummiesca) rapita da una banda di gangster che vuole mettere a tacere il malvivente francese. Il finale del film è tragico, perché il protagonista ottiene, è vero, la liberazione della moglie, ma al prezzo di uccidere colui che attraverso le vicende del film gli aveva dimostrato un po' d'amicizia, proprio il criminale evaso. E l'altro fedele amico del vicedirettore, il maresciallo Fantuzzi, era stato ucciso all'inizio del film, mentre gli amici di Ruiz fanno entrambi una brutta fine: il suo complice muore durante una rapina, mentre l'altro, un cantante assurto al successo grazie alla malavita che ha voltato le spalle ai vecchi amici, sarà ucciso con la droga dalla banda del losco Granier.
Il film sembra un po' confuso, ma ha una sua linearità, è ben fotografato e ben musicato (da Morricone), ha discreti interpreti (anche Fabio Testi, finché fa la simpatica canaglia), ma la regia di Sollima, del quale avevo già visto il brutto "Città violenta", proprio non mi convince, nonostante l'infantile ammirazione che avevo provato per il suo Sandokan televisivo. Tra le curiosità si annovera un nudo di Paola Pitagora (la Lucia dei "Promessi sposi" televisivi del 1967), nella parte di un'italiana trafficona trapiantata a Parigi.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta