Regia di Antonio Capuano vedi scheda film
Il film comincia in soggettiva, un lungo sguardo sul rione “La Sanità” di Napoli, vista attraverso la rete di un cavalcavia rumoroso e trafficato, in trappola...solo la cupola della chiesa esce dallo sguardo “ingabbiato” e a stagliarsi libera nel cielo.
Questa è la prima scena del film, e racconta già lo stato d'animo con il quale Capuano affronta tutta la storia. La storia di un quartiere difficile e complesso come quello de La Sanità, che convive con la camorra, con le uccisioni e la legge “fai-da-te”, con le canzoni che nascono, si incidono e si ascoltano solo all'interno di quelle strade, creando piccoli divi, con i bassi pieni di persone, con le televisioni che occupano intere pareti e radunano le famiglie davanti ad astruse telenovelas napoletane.
L'equilibrio di questo quartiere può apparire caotico ed illegale, solo a chi si affaccia dall'esterno, non a chi ci è nato, a chi conosce solo questo tipo di realtà e l'accetta.
Don Lorenzo Borrelli è un prete di Piacenza, il parroco in jeans di una chiesa del rione La Sanità, che davanti all'ennesimo omicidio di camorra, dove viene uccisa per sbaglio una ragazzina di 12 anni (la ragazzina di Nunzio), si rifiuta di benedire i morti ammazzati dei camorristi.
Questa è la vicenda vista dall'esterno, dagli abitanti del quartiere, che non capiscono i cambiamenti che possono essere possibili, se affrontati con coraggio. All'interno delle mura della chiesa la realtà è un'altra ancora. Esistono don Lorenzo e Nunzio, un ragazzo di non ancora 14 anni, che all'interno della chiesa trova comprensione, tranquillità, conoscenza e un amore leggero e affettuoso da parte del prete, che lo porta però alla conoscenza del sesso omosessuale, troppo precocemente.
Nunzio accetta l'amore del prete e lo vive come un premio, per essere il prediletto, tutto cambia quando il loro rapporto viene preso di mira dai camorristi della zona, e gli vengono fatte pressioni per denunciare il prete pedofilo.
Per Nunzio cominciano i primi sospetti che quello che sta accadendo tra lui e don Lorenzo “nu' jè bbuono”, e i suoi turbamenti per un senso di colpa che sta crescendo lo allontanano dal posto che più amava, dove si sentiva al sicuro, dove vi era una pace e un silenzio che non conosceva, dove poteva vedere la sua città dall'alto, intrecciarsi di tetti: la chiesa, che era diventata la sua vera casa.
Antonio Capuano ci mostra il quartiere in soggettiva, usando metodi alquanto “violenti” ed efficaci, si aggira per le vie di Napoli, facendo del suo sguardo il nostro, e ferma gli attori per farli presentare con nome, cognome e professione, come se si trovassero al cospetto di un tribunale, invece che a quello di uno spettatore, in modo che chi vede il film possa forse giudicare chi gli sta raccontando la storia? O forse per dare il modo agli abitanti del quartiere di “discolparsi” in qualche maniera?
Mentre all'interno della chiesa, lo sguardo del regista è più cristallizzato, senza tempo, e anche l'amore pedofilo è reso tale che non disturbi, ma è quasi compreso (e qui è davvero azzardato il termine), nella visione complessa del prete, che cerca un modo di aggregare e dare una nuova coscienza civile alla gente del suo quartiere.
Don Lorenzo non esce mai dalla chiesa, però, è forse questo il suo errore, cercare di cambiare le cose dal dentro le sue mura è irreale e impossibile, le rivoluzioni si fanno nelle strade, dove si combatte. Infatti nell'ultima scena durante la processione per la passione di Pasqua, sarà una Napoli piovosa e grigia a raccogliere le stazioni della via crucis, con una sequenza di fermate di un Cristo napoletano, che infatti verrà crocifisso. Nunzio denuncerà il prete, Don Lorenzo accetterà la sua condanna, ci sono molti modi di uccidere un prete scomodo, ci sono molti modi di violentare un ragazzino, anche senza l'uso del sesso.
Un film potente, che mi arriva come un cazzotto nello stomaco, un film crudo e di una violenza psicologica fortissima. Antonio Capuano si scorge in una piccolissima scena, all'interno di un ascensore, come a dire: “anche io ci sono, sono io che vi sto parlando”, mi sono sentita presa per un braccio e portata a forza per le vie di Napoli con questa pellicola, non potrò mai ringraziare Capuano abbastanza per aver fatto questo film.
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