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Oro verde - C'era una volta in Colombia

Regia di Cristina Gallego, Ciro Guerra vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Oro verde - C'era una volta in Colombia

di chiaradash
8 stelle

Film in cui la storia narra la Storia, in cui poesia e analisi non si annullano. Dopo "L'abbraccio del serpente Ciro Guerra ci dona una esperienza filmica in cui la bellezza visuale ed uditiva di storie e altri linguaggi sono accessibili ai nostri occhi occidentali.

“Pàjaros de verano”, titolato in italiano in maniera prosaica ma pertinente “Oro verde”, è un film potente, che lascia il segno, traccia nuovi percorsi cinematografici pur restando ben saldo al terreno della tradizione.

Stilisticamente perfetto, la sceneggiatura non perde un colpo: con ritmo perfetto i registi e sceneggiatori Guerra e Gallego ci fanno  discendere nei meandri di una storia di morte e distruzione che condivide con la tragedia la struttura e la grandezza narrativa.

 

La storia si svolge in Colombia tra gli anni ’60 e ‘80. Siamo nella Guajira, territorio desertico e abitato dai wayuù, comunita’indigena dalle forti tradizioni culturali e religiose nel periodo della cosiddetta bonanza marimbeira, in cui il commercio di  marihuana porta moltissimo denaro nelle mani delle famiglie che coltivano e commerciano la sostanza.

 Questo oro verde porta denaro, potere ma anche  armi, lotte per il controllo del potere, in un compenetrarsi di antiche rivalita’ ed avidita’ attuali.

Oro che entra repentinamente nelle maglie di una società tradizionale e la distrugge, la rende essa stessa totale e unica responsabile della propria distruzione, totale e quasi definitiva.

 

Rapayet e Zaida, giovani sposi di due famiglie rivali, e la matriarca che interpreta i sogni e di fatto comanda sono attori e spettatori della distruzione delle due famiglie e delle tradizioni che, banalmente come un colpo di pistola, scompaiono senza lasciare traccia.

Tutto inizia con il tradimento della regola ancestrale per cui il palavrero (messaggero del clan)

 è intoccabile.

Ci sarà una lenta discera agli inferi, le famiglie sempre più rivali, uccelli presagi di sventura che appaiono in un sogno che penetra la realtà, una vendetta infinita ed assoluta in un film che mai strizza l’occhio al realismo magico o al surrealismo: e’ in tutto e per tutto un film di genere.

 

Il merito più grande del film è non lasciare spazio alcuno ad un’esotizzazione o ad un’idealizzazione della cultura ancestrale, e di parlare un linguaggio hollywoodiano ma di ripugnare una categorizzazione sommaria della cultura che narra. L’altro nel film è l’Occidente, non colui che tradizionalmente è rappresentato come Altro.

Guerra e Gallego ci dimostrano che anche un film di genere (gangster) può parlare seriamente e portare istante politiche sul mondo attuale , e farlo in modo analitico e poetico ad un tempo.

Un grande film, che dopo “l’abbraccio del serpente” porta una bellezza diversa ma comprensibile 

all’occhio di un occidentale, stimolando la nostra immaginazione spesso vittima di clichè narrativi e visivi.

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