Regia di Cristina Gallego, Ciro Guerra vedi scheda film
Un film strutturato come una ballata, una di quelle orali, che si tramandano a voce, e quindi diviso in cinque canti, cinque movimenti che raccontano la storia vera dell'ascesa e della caduta di due famiglie colombiane, ambedue facenti parti di antiche tribù indie, che scoperto l' "oro verde", la marijuana, ne vengono distrutte dall'interno. Un film che vede il topos del narcotraffico, quasi sempre presente nelle pellicole colombiane, farsi periferico, decisivo certo, ma sottotraccia. Siamo molto lontani dai vari Escobar: l'intento dei due registi è chiaro fin dalla lunga sequenza iniziale, che riprende gli affascinanti riti di iniziazione di una giovane donna. Spiritismo, magia, credenze popolari, vecchi ordini: tutto questo lentamente cadrà, sotto il potere dei soldi, della ricchezza, che finirà per corrompere millenni di vita pacifica e non risparmierà i vivi e neanche i morti. Una grande apologia, profondamente intrisa nelle tradizioni indie, spesso parlata (sottotitolata) negli antichi idiomi. Un racconto reale di dissoluzione, che si svolge fra la fine degli anni sessanta e l'inizio degli anni ottanta. Quasi un western, con i suoi panorami desertici, le sue poche case di legno, gli assedi e le sparatorie. Molto buono.
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