Regia di Mike Leigh vedi scheda film
In Gran Bretagna c'è un cinema di stampo teatrale, di contenuti e forme Shakespeariani, ed uno di grande spessore morale che, rappresentando i cambiamenti della società inglese con linguaggio duro ed esteticamente poco incline ad abbellirsi di orpelli, si ricopre dell'investitura di cinema impegnato e politicamente attivo.
Il Cinema di Mike Leigh, appartiene, prevalentemente, a questa seconda tipologia. Un cinema che ha saputo analizzare la società inglese, le sue brutture e le sue conclamate differenze di classe con vigore ed intelligenza. Mike Leigh è rigoroso come il suo ultimo lavoro, "Peterloo", presentato in concorso all'ultima Mostra del Cinema di Venezia, spogliato di ogni spettacolarizzazione e della piú appagante tensione emotiva per raccontare un dramma dall'inevitabile compimento, un rituale messianico, oserei dire, necessario quanto salvifico. In Peterloo Leigh è stato più attento ai contenuti che alla forma; più interessato a rappresentare le forme di democrazia popolare che si stavano sviluppando nell'Inghilterra del 1819 (tra comizi, cortei e drappelli) che a pianificare la violenta ed emozionante rappresentazione della mattanza. Il maestro ha raccontato un episodio barbarico, una sconfitta umana e politica, con pudore, per lasciare spazio al barlume speranzoso di una vittoria "pasquale" della democrazia e dei diritti umani sulla mortifera conservazione dei privilegi. La democrazia ha avuto bisogno di "tre lunghi giorni" per risorgere dai corpi passati per la spada in St. Peters Field, Manchester, il 16 agosto del 1819, ma è riuscita a celebrare la vittoria raggiungendo, seppur lentamente, traguardi inimmaginabili all'epoca dei fatti: tra questi le Reform Acts del 1832, del 1867 e del 1884-1885 che allargarono di molto la base elettorale maschile, soprattutto in epoca Vittoriana. Il suffragio universale maschile del 1918 e quello femminile del 1928 misero fine al processo di richiesta di rappresentanza del popolo all'interno del Parlamento.
Tre giorni simbolici, si diceva, capaci di squassare i corpi quanto le coscienze e di garantentire quel progresso civile in grado di migliorare le vite degli inglesi di oggi, se non quelle dei loro avi. Tre giorni che si sono ripetuti ogni qualvolta un processo difficile e lungo ha portato alla conquista di diritti, per le classi sociali più deboli e per i gruppi più fragili, a partire da episodi rimarchevoli che, rappresentando un punto doloroso di rottura, hanno dato il via al cambiamento sperato. In quest'ottica la carica della Guardia Nazionale a cavallo ci ha rammentato l'assalto dell'esercito nella domenica di sangue di Derry del 1972 e gli operai che raschiavano il fondo del barile scioperando affamati e infreddoliti, chiedendo la soppressione delle corn laws e farina di cui cibarsi, ci hanno ricordato gli scioperi infiniti dei minatori durante il governo di Margaret Thatcher negli anni '80.
Ma senza scomodare il passato recente il regista inglese sembra voler scrivere, con questo film ambientato 200 anni fa, una lettera aperta alla politica, inconcludente, di oggi che non ascolta i propri elettori ed usa un linguaggio fumoso ed incomprensibile che non semplifica ma complica ogni questione. Un linguaggio simile a quello del XIX secolo, spocchioso e supponente, come l'atteggiamento distaccato degli stessi ciceroni riformisti più interessati all'effetto delle proprie filippiche che ad ottenere la comprensione del proprio auditorium di analfabeti.
Sorte che tocca ai cittadini britannici che, oggigiorno, vivono in un limbo in cui i diritti sono congelati in attesa della fine di quell'assurdo politico che è la Brexit, tanto chiacchierata, tanto propagandata, quanto poco spiegata nelle sue conseguenze. Conseguenze che fanno rabbrividire gran parte della popolazione dell'Ulster conscia che nuove barriere diventino nuovi e voraci muri pronti a reclamare un nuovo e piú copioso tributo di sangue prima del loro abbattimento.
Tutto questo è Peterloo, un monito politico, un'appassionata presa di coscienza, un plauso all'informazione vera e veritiera, infine, un omaggio a chi non ha potuto godere dei traguardi raggiunti dal genere umano nonostante la propria resilienza ad un sistema iniquo.
Peterloo non è per tutti: lungo e verboso, nelle numerose sequenze in cui la dialettica riformista si erge sugli scudi, si fa notare per una rappresentazione sin troppo schematica ed eccessiva dei magistrati e della nomenclatura britannica. Nonostante ciò è anche splendido cinema che si sfama dei chiaroscuri della fotografia e delle brillanti luci di una natura docile e romantica dipinta in campi lunghi di notevole impatto. Un cinema accompagnato da dialoghi sinceri, da un appropriato e mai invadente commento musicale, da una rappresentazione sobria della realtà che si chiude a capo chino tra un pianto e uno sguardo sulla terra smossa di un cimitero, con gli uomini che piangno la morte di altri uomini e reclamano, con una preghiera, la nascita di un nuovo diritto per le genti.
Cinema Teatro Santo Spirito - Ferrara
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