Regia di Carlo Mazzacurati vedi scheda film
Vesna giovane e bella ragazza arriva un bel giorno a Trieste dalla Repubblica Ceca e, nel giro di alcune ore, comincia a prostituirsi, prima molto artigianalmente, proponendosi per centomila lire a qualunque maschietto italiano incontri. Successivamente, prende in affitto una misera stanza e prosegue nella sua attività, con tutti gli inevitabili rischi che, in un certo senso, si è andata a cercare. “Vesna va veloce”. Il film molto meno. Scene lunghe e inutili non mancano, accompagnate da una colonna sonora a dir poco sgradevole al cui compositore, tale Jan Garbarek, suggerirei di cambiare mestiere. Carlo Mazzacurati realizza una pellicola apprezzabile per la recitazione degli attori e per l’ambientazione che ci porta da Trieste a Rimini, con realismo e senza finta poesia. I protagonisti sono in realtà solo due: Tereza Zajickova (Vesna) e Antonio Albanese, un certo Antonio, unico tra i suoi clienti a tirar fuori un briciolo di umanità. Il tema affrontato e il cast annunciato nei titoli di testa legittimavano l’aspettativa di un film impegnato o addiritura impegnativo. Purtroppo, le premesse vengono in gran parte tradite. Le partecipazioni di nomi più che rispettabili e promettenti del cinema italiano degli anni ‘90, da Silvio Orlando a Marco Messeri, passando per Stefano Accorsi, Antonio Catania, Ivano Marescotti, Tony Sperandeo e altri, non vanno oltre la comparsata, anche di pochi secondi. Ho avvertito la sensazione dello specchietto per allodole. Restano comunque degne di nota le prestazioni di Tereza Zajickova e Antonio Albanese. Alla prima non manca certo il «physique du rôle», un corpo da sogno, che sfrutta con distacco e intensità ammirevoli. Dal canto suo, Antonio Albanese offre un’interpetazione finalmente distante dai ruoli tra il macchiettistico e il grottesco che ne hanno caratterizzato la carriera. Una capacità dell’attore siciliano secondo me scarsamente sfruttata negli anni, ma che si vedrà confermata nello splendido « La seconda notte nozze » (2005) di Pupi Avati. Il finale del film mi ha sconcertato. In primo luogo, non è chiaro. Vesna viene investita da un camion. Probabilmente, muore. L’ultima sequenza la vede però correre senza meta in una specie di bosco. Abbiamo capito : « Vesna va veloce », ma non era morta ? In secondo luogo, non credo che farla morire fosse necessario o aggiunga alcunché alla vicenda. Cosa vuole essere ? Una punizione, un ammonimento moralistico? Assegnare la sufficienza a questo film non mi è facile, ma devo ammettere di averlo seguito tutto d’un fiato, anche se in attesa di un colpo di reni narrativo che non è mai arrivato.
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