Regia di Mikhaël Hers vedi scheda film
David Sorel è un giovane di 24 anni che vive a Parigi svolgendo varie attività lavorative e rimandando ogni decisione importante per il suo futuro. Ha un buon rapporto affettivo con Sandrine, la sorella maggiore, e la nipote Amanda, una bambina di sette anni. Un giorno, Sandrine viene uccisa nel corso di un’azione terroristica in un parco della città. David è comprensibilmente traumatizzato dall’episodio, trovandosi peraltro a doversi occupare nell’immediato della piccola Amanda.
Il racconto di vicende così drammatiche è sempre un terreno assai scivoloso. La presenza di una bambina restata orfana in modo così efferato e di un giovane zio trasformato in figura paterna non meno disarmata rischia facilmente di sfociare in un racconto strappalacrime che non avrebbe di certo suscitato il mio personale interesse, con tutto il rispetto per quel pubblico che da tale registro può anche essere attratto. No, il film del regista e co-sceneggiatore Mikhaël Hers, qui al suo terzo lungometraggio, si muove in tutt’altra direzione. La storia è molto commovente, ma non induce mai alla tristezza. Non ci sono ulteriori colpi di scena, né alcuna facile discesa nell’inferno del dolore esasperato, bensì il ritorno ad una quotidianità ormai stravolta e da reinventare. Da un lato c’è David, costretto a fare scelte che fino a quel momento aveva consapevolmente procrastinato. Pur affezionato alla piccola nipote, non avrebbe mai pensato di doverne un giorno organizzare le giornate né tanto meno di esserle di sostegno in un frangente di tale gravità. Dall’altro c’è lei, la bambina ferita nel più profondo dell’animo, attonita e travolta dagli eventi ma, come pressoché tutti i bambini, votata alla vita e istintivamente spinta a riemergere dal disastro che la sorte le ha cinicamente riservato. L’ancor giovane Vincent Lacoste, dopo una carriera già nutrita in una serie di film non sempre di alto livello, dà finalmente vita ad un personaggio di notevole spessore, rivelando un talento che lascia ben sperare per il suo futuro. Ancor più soprendente, tuttavia, è la prestazione della piccola Isaure Multrier. Che i bambini sappiano spesso stupire per le loro quasi innate capacità recitative è cosa nota da tempo, come sostenuto e magistralmente dimostrato da François Truffaut. Basti pensare ai giovanissimi protagonisti di “L’argent de poche” (1976). Raramente ne deriva una grande carriera cinematografica una volta cresciuti, ma dimenticherò difficilmente le emozioni e lo stupore che ha saputo trasmettermi la piccola Isaure Multrier in questa occasione.
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