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Buñuel - Nel labirinto delle tartarughe

Regia di Salvador Simó vedi scheda film

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La recensione su Buñuel - Nel labirinto delle tartarughe

di alan smithee
8 stelle

CINEMA OLTRECONFINE

Nel 1930, il giovane regista Luis Bunuel si trova a Parigi ad affrontare gli scaldali che la proiezione del suo secondo film (nonché suo primo lungometraggio), L'age d'or, suscita tra gli spettatori, celebrando con quest'opera, da una parte, il culmine, ma anche la fine, per l'autore, del suo periodo prettamente surrealista, vissuto sotto l'influenza di artisti ed avanguardisti del calibro di Salvator Dalì.  

Rimasto senza soldi, il cineasta è costretto a mettere da parte il suo progetto di realizzazione di un documentario incentrato ad indagare e testimoniare le condizioni di vita e l'arretratezza che contraddistinguono alcuni villaggi presso Las Hurdes, una regione aspra e montuosa situata vicino al confine col Portogallo, e a non molta distanza dalla capitale Madrid.

Compreso e turbato dalle difficoltà che Bunuel sta vivendo, il suo amico scrittore e letterato anarchico Ramon Acìn promette solennemente al suo compare che, qualora dovesse vincere alla lotteria un premio, questo sarebbe stato devoluto a beneficio della produzione del film, nella cui lavorazione era stato coinvolto pure l'artista.

Caso vuole che Acìn vinca per davvero un premio alla lotteria, e che questo venga devoluto alla causa cinematografica in questione.

Il film bellissimo di animazione, girato da Salvator Simò, ripercorre le travagliate condizioni lavorative occorse per concepire e portare a termine l'opera, ambientata in particolare tra le viuzze di un paesino in pietra i cui tetti poco spioventi lo fanno assomigliare, nel suo insieme, al carapace di una immensa tartaruga. Difficoltà lavorative causate anche dalle condizioni impervie del luogo, che diventano pure l'oggetto centrale ed il fulcro di cui è imperniato lo splendido documentario del regista messicano.

La lavorazione estenuante del film, porta alla luce il condizionamento che la figura paterna temuta e vista come una sorta di tabù contro la possibilità di lasciarsi andare nel vortice di una fantasia visionaria che tanto caratterizzava la mente del regista ancora bambino, esercita ancora sul regista; ma anche la sincerità d'animo di un uomo che solo in apparenza si mostra incline verso la violenza in qualche modo gratuita (si pensi a quella sugli animali filmata dal vero e mostrata nel documentario), ma che poi, a conti fatti, si prodiga a favore di una popolazione relegata ad uno stato di vita primordiale che ne condiziona non poco le aspettative di vita, ostaggio di malattie ereditarie e di epidemie che poco distante il progresso dei primi decenni del 900 stava già debellando o ponendo sotto controllo, specie nelle grandi realtà cittadine.

Il film alterna, nei momenti topici, la tecnica dell'animazione, con frammenti originali del documentario, fondendo due tecniche separate dal tempo e dallo stile, ma indirizzate verso una continuità narrativa esemplare e sorprendente.

Un omaggio sincero e prezioso ad un Bunuel intimo e quasi privato, che in qualche modo riesce così a mettere da parte il suo carattere difficile e non facilmente conciliabile, mostrando finalmente quel lato umano altrimenti così difficilmente accessibile ed interpretabile.

Ma anche un doveroso riconoscimento all'opera del letterato Ramon Acin, rimasto vittima, tramite fucilazione, del colpo di stato di organizzato e portato avanti da Francisco Franco, e il cui nome tra i titoli del film fu rimosso per decenni, salvo essere reinserito per volontà dello stesso Bunuel, a fine dittatura. 

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