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Una notte di 12 anni

Regia di Álvaro Brechner vedi scheda film

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La recensione su Una notte di 12 anni

di (spopola) 1726792
8 stelle

scena

Una notte di 12 anni (2018): scena

Ho avuto l’occasione di vedere in anteprima questa interessante pellicola diretta da Alvaro Brechner che fra pochi giorni sarà distribuita in sala ma in un numero limitatissimo di copie come succede sempre per le opere di valore che si ritiene non abbiano un sufficiente appeal per il pubblico pagante, ed è un vero peccato perché è un film importante e necessario che ci aiuta a ricordare (e prova a non farcela dimenticare) un’altra pagina buia del novecento, un secolo che di orrori ne ha visto molti (troppi). Purtroppo la storia non ci ha insegnato nulla visto che di  sangue ne scorre ancora molto nel mondo, così come continuano le guerre, le sopraffazioni repressive, i giustizialismi feroci, i genocidi, le torture… E’  un vero e proprio ritorno alla barbarie scientificamente programmato che avviene nell’indifferenza generale.  E il fatto più terribile e disturbante è che tutto questo non ci fa più nemmeno indignare, prendere posizione come una volta, denunciare. Non siamo più né generosi né accoglienti perché prevale l’egoismo,  il mors tua vita mea, che sono ormai i sentimenti, i pensieri che vanno per la maggiore (siamo diventati insensibili persino alla sofferenza e alla morte dei bambini se questi hanno un colore differente della pelle) che dominano ormai la maggior parte del genere umano che di umano ha sempre meno. Una pellicola come questa che impietosamente  ci riporta alle vicende della dittatura del Generale Bordaberry che tenne sotto il suo spietato pugno duro l’Uruguay dal 1972 ai primi anni degli ’80,.cerca  per lo meno di farci fare una seria riflessione che (forse è una speranza vana) vorrebbe farci ritrovare perlo meno il  senso di quella pietas ormai smarrita da troppo tempo.

In anni in cui si accusano gli autori di aver messo da parte la forza, l’indignazione e la rabbia politica del cinema più,vivo e appassionato del passato, il regista non ha paura di sporcarsi le mani è fa un passo importante in quella direzione (e non è certo una cosa da poco questa.

Alfonso Tort

Una notte di 12 anni (2018): Alfonso Tort

  

Passato con successo dall’ultima Mostra di Venezia (confermato dal lunghissimo, spontaneo applauso anche liberatorio che è scaturito da un pubblico molto emozionato e visivamente anche turbato al termine della proiezione dell’opera (così mi è stato raccontato l’esito di quella serata) Una notte dei 12 anni è un film che nasce dalla volontà del regista di fare i conti non solo con il passato del suo Paese, ma anche e soprattutto con la memoria delle sue ferite.

La sfida di Brechner è in questo senso interessante e necessaria, ma anche un po’ rischiosa. Trasporta infatti lo spettatore direttamente fra le anguste mura delle prigioni uruguaiane dove erano detenuti tutti i dissidenti che si opponevano al regime durante gli anni di quella spietata dittatura. Racconta cosi  una stria vera, quella vissuta in prima persona da Pepe Mujica (che sarà poi  presidente della nazione tornata ad essere di nuovo repubblicana, dal 2010 al 2015), Eleuterio Fernandez Huidobro (ministro della Difesa negli stessi anni e allora leader dei Tupamaros) e dal futuro giornalista e scrittore Mauricio Rosencof che furono arrestati dai golpisti nel 1973 e rilasciati solo nel 1985 al ritorno della democrazia dopo dodici anni di detenzione durissima , trascorsi per lo più in isolamento, e quindi senza poter ricevere alcuna notizia dal mondo esterno o vedere e parlare con qualcuno salvo le guardie carcerarie  (con alcune di esse riuscirono a stabilire qualche flebile rapporto realizzando così: piccoli, imprevedibili spazi di umanità che, malgrado tutto e per fortuna,  possono crearsi anche fra esseri umani che stanno ai lati opposti delle sbarre.

L’ossimoro del titolo  riassume appunto il paradosso cronologico provato sulla propria pelle dai detenuti per questa nuova forma di subdola tortura.

La dignità umana era così completamente umiliata, schiacciata, annullata da  un disagio che non era solo fisico, ma anche e soprattutto  psichico, imposto da un regime che non si limitava a voler rendere inoffensive le voci del dissenso ma pretendeva addirittura il loro totale annientamento sistematico.

Era davvero facile impazzire in quelle condizioni estreme  dove l’unica possibilità di mantenere la mente attiva,  era affidata esclusivamente alla volontà di rimanere lucidi ad ogni costo, anche semplicemente attraverso qualche rudimentale conversazione con il vicino di cella con l’alfabeto morse (battendo cioè  le dita sul muro della propria cella).

Antonio de la Torre

Una notte di 12 anni (2018): Antonio de la Torre

 

Partendo dal libro di memorie di  Rosencof e Huidobro, il regista prova così a raccontare a suo modo una delle pagine più buie  del paese. Lo fa mantenendo una invidiabile lucidità  che  gli consente di sostenere  la narrazione con mano solida e ritmo calzante e senza mai cadere nella trappola della retorica.

Ciò che convince d più nel film infatti, è la capacità di raccontare nel dettaglio l’orrore della prigionia grazie a una sapiente introspezione dell’animo umano  che evita inutili forzature. La chiave narrativa spinge così lo sguardo dello spettatore in una direzione cruda e spietata grazie alla sola forza delle immagini che cerca di  restituire tutte le privazioni, i soprusi a cui erano sottoposti i prigionieri dentro a un clima di feroce, spasmodica tensione, ricorrendo alla potenza evocativa dei tempi morti che ben sottolineano ed evidenziano il disordine psicologico partorito dalla tortura.

La storia si basa su molteplici fattori e innumerevoli dettagli, ma quello che sicuramente sta più a cuore del regista, non è certo la voglia di produrre un asettico saggio di analisi storica anche critica. Prevale invece in lui il desiderio, la voglia di concentrarsi sulla lotta  per la dignità di tre individui e  celebrare così’ la resistenza caparbia dell’essere umano, la sua capacità non solo di sopravvivere, ma di riuscire a conservare (e persino arricchire rendendola più feconda)  la propria umanità anche nelle peggiori condizioni di sofferenza e umiliazione è questo è certamente un pregio, ma anche un piccolo problema sia pure secondario poiché il voler limitare  al minimo indispensabile la contestualizzazione socio-politica di quel particolare momento storico,  potrebbe  anche rendere allo spettatore  che non ha alcuna nozione di quegli avvenimenti (e ce ne potrebbero essere moltissimi al giorno d’oggi) il senso ultimo di una pellicola che è come un iceberg perché anche lei (come quello) ci fa scorgere solo la punta più alta che affiora sulla superficie, ma ci fa ben comprendere che sotto esiste una massa ancora più ingombrante tutta da scoprire per le molteplici implicazioni che si porta dietro.

scena

Una notte di 12 anni (2018): scena

Non tutto è perfetto ovviamente. Personalmente ho apprezzato poco il fatto che per diradare le tinte cupe che necessariamente sono quelle che dominano la narrazione, si sia lasciato spazio a scene più distensive o un po’ paradossali (le conseguenze illogiche del rispetto letterale dei regolamenti da parte dei carcerieri per esempio), Criticabile anche l’utilizzo un po’ ruffiano della musica (l’inserimento della nuova versione di The Sound of Silence mi è sembrata troppo facile e scontata) ma sono piccole mende  davvero perdonabili perché quando vengono descritte senza forzature le condizioni dei detenuti e la banalità del male che le governano, il film riprende immediatamente quota e mostra tutta la sua efficacia. 

Álvaro Brechner

Una notte di 12 anni (2018): Álvaro Brechner

                            

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Ultimi commenti

  1. Carica precedenti
  2. darkglobe
    di darkglobe

    Che storie terribili, film che sto aspettando di poter vedere… colgo l’occasione di questa bella recensione per segnalare il testo di letteratura testimoniale di Edda Fabbri, Oblivion, da qualche anno reperibile anche in Italia, la quale racconta della propria prigionia di 13 anni nelle carceri uruguaiane, facendolo in maniera per certi versi poetica senza mai indugiare su dettagli truci, quanto piuttosto descrivendo le vicende dal punto di vista emotivo suo e delle sue compagne. Una testimonianza interessantissima.

    1. obyone
      di obyone

      Mi approprio con piacere dell'indicazione bibliografica. Buona giornata Roberto

    2. (spopola) 1726792
      di (spopola) 1726792

      Sì... mi associo anche io ... graditissimo il tuo suggerimento Spero di poter leggere al più presto questa testimonianza in diretta di Edda Fabbri non so se ancora presente nelle librerie ma che sicuramente riuscirò a trovare e a ordinare ul web.

  3. pippus
    di pippus

    Davvero incredibile, sia la terribile storia dei prigionieri uruguaiani, sia la palpabile verità delle tue considerazioni sui progressivi e sempre più inquietanti egoismi, indifferenze ed insensibilità che ormai dilagano di fronte a notizie di sofferenze e morte, anche quando queste, come ben fai notare, riguardano esseri in tenera età. Rimane la speranza che non sia così per tutti e l'accoglienza riservata a questo film lascerebbe qualche spiraglio in tal senso.
    Spero vivamente di poterlo vedere distribuito a Torino ( sarebbe il colmo ma...non si sa mai) e, nel caso, di pubblicizzarlo per quanto possibile.

    1. (spopola) 1726792
      di (spopola) 1726792

      Ciao Paolo... nel frattempo hai letto pure tu l'entusiasmante recensione di Roberto... e sì non indugiare se davvero il film verrà distribuito a Torino (lo potresti verificare oggi stesso) corri a vederlo (poi ne riparliamo) anche se programmato in cinema dall'altra parte della città.... per qme questa pellicola merita davvero anche questo piccoòo sforzo. Un caro saluto e a presto

  4. champagne1
    di champagne1

    molto bello quello che scrivi, caro Valerio, nella tua introduzione: certi temi non solo non indignano più, ma nemmeno interessano; eppure il cinema di impegno civile sono sicuro che continuerà a sopravvivere, sempre per meno persone, ma tuttavia continuerà: anche perché se avesse cercato il successo commerciale, si sarebbe basato sulla storia di un personaggio del mondo dello spettacolo!

    1. (spopola) 1726792
      di (spopola) 1726792

      Ne sono sicura anche io e la speranza è confermata da questa pellicola (e credo anche dal documentario di Kistiritza che non ho ancora visto), dal caldo applauso che il film ha ricevuto a Venzia e dalle recnsioni positive (quelle al cado scritte suvito dopo la presentazione della pellicola a venezia, e quelle più recenti entrambe straordinarie, di @Obyone e @Yume

    2. champagne1
      di champagne1

      speriamo davvero! un caro saluto

  5. ezio
    di ezio

    caro Valerio i tuoi commenti stimolano la visione,sono descrittivi e precisi....tutto questo per dirti che spero di vederlo presto....grazie.

    1. (spopola) 1726792
      di (spopola) 1726792

      Grazi Ezio per il commento e spero che tu possa vedere al più presto questa intensa pellicola davvero molto emozionante

    2. ezio
      di ezio

      me lo sto procurando e ho riletto volentieri il tuo bel commento....ancora grazie Valerio

    3. (spopola) 1726792
      di (spopola) 1726792

      Grazie a te per il gradito intervento

  6. maurri 63
    di maurri 63

    L'amato Valerio quando torna a recensire è per me fonte di gioia! Grazie, dunque per lo scritto. Mi soffermo solo un attimo (ma non per polemizzare, eh! Sennò tutti dicono che sono bastian..ehm) su alcune riflessioni. A) L'indignazione e la rabbia politica. E' scomparsa, dici. E sono con te: tuttavia, e basta dare un'occhiata in giro, oggi la gente rifiuta sistematicamente l'impegno. Ci sono, è evidente, le manifestazioni di piazza ma la loro forza è casuale. Non c'è più quella "cosmogonia" di intenti, quello schierarsi apertamente contro la barbarie, quell'incedere, anche compatti, contro brutalità e dittature. Ci rivolgiamo al passato, più per rapportarne la memoria che non per parlare al presente: in sintesi, ricostruiamo. Ed è quello che in fondo fa Brechner. Perché alla base di un film c'è un produttore. E difficilmente quegli vuole far passare un messaggio o puntare sui contenuti: ciò che conta è incassare. In un tempo di odio, quale il presente, l'unica forma di intrattenimento perspicace sembra essere il denaro. 2) Il dibattito. Siffatte pellicole traggono forza dal parlarne: oggi questo è complicato. Venezuela e Libia sono ottimi spunti per il presente ma se è già difficile parlarne nei talk show, come si può pensare di farne un film ? 3) Soldi, maledetti soldi. Gli attori di un tempo - e i registi, le maestranze, ecc - avevano costi accettabili e molti di loro - ricordate Gian Maria maitropporimpianto ? - si proponevano anche per cercare fonti, spendendosi in proprio quasi gratis se il tema era forte. Improponibile oggi. La prima cosa che viene chiesta è : "...c'è già una distribuzione ?"; la seconda "..quanto costa ?"; per concludere con "..quanto mi paghi ?". D'altro canto, i fondi sono veramente esigui, almeno in Italia, per tali operazioni e spesso ci sentiamo dire che "...sono storie troppo vecchie" mentre sarebbero necessarie. Ma costose; magari neppure eccessivamente però quel tanto che basta per impedirne la realizzazione. Conclusioni: in assenza di rabbia e di indignazione, ridotti al lumicino dalla mancanza di denaro, impossibilitati a difendere una storia per il tempo necessario a scriverla, produrla, dirigerla e montarla, come si può pensare a questo tipo di cinema ? Chi discute di spettacolo ( e parlo dei tanti soloni che affollano blog e riviste) dovrebbe avere il dovere e la coscienza di promuovere un tipo di film, anche a costo di sembrare datati. Ma quelle due paroline ("dovere", "coscienza civile") sono scomparse.
    Un abbraccio, Valerio. Nella speranza vivissima di poterti riabbracciare da vicino.
    Mauriz

    1. maurri 63
      di maurri 63

      Nota: al punto A), sostituisci 1). M

    2. (spopola) 1726792
      di (spopola) 1726792

      Ok fatto. Tu fai sempre osservazioni molto giuste e pertineneti caro Maurizio (e la tua analisi è come al solito perfetta) Purtroppo il mondo intero sta andando alla deriva (noi qui in Italia un po' di più perchè chi non sa nuotare sta già affogando e nessun sembra accorgersene davvero). Sarebbe meraviglioso se - almeno cinematograficamente parlando - ritornassero quei tempi andati... (e parlando di Volonte indicando non solo la bravura, ma anche l'appasionata disponibilità ededizione con me apri una porta aperta visto che - sia pure per un brevissimo contatto - ho avuto il privilegio di conoscerlo e di apprezzare il suo valore anche umano. Si poteva fare di meglio (e torno di nuovo al film) ma è già qualcosa questo piccolo ritorno al cinema impegnato, sia pure rivolto al passato... con i tempi che corrono anche io sono convinto che difficilmente si poteva fare di più e credo che sarebbe stato davvero difficile poter fare di più (intendo parlare dei problemi della nostra contemporaneità (ma tu hai ben illustrato le ragioni principali che impediscono tutto questo.
      Grazie davvero per il tuo commento carissimo e... sì sono ottimistsa: prima o poi avremo sicuramente la possibilità di reincontraci di persona... in fono la distanza che separa N apoli daq Firenze è tutt'altro che abissale.
      Un caro saluto e un caldo abbraccio... a presto.
      Valerio

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