Regia di Javier Fesser vedi scheda film
E’ una giornata-no per Marco, allenatore in seconda di una squadra di basket professionistico, che prima prende una multa per divieto di sosta, poi litiga col coach durante la partita e viene cacciato dal palazzetto e infine si ubriaca al bar e viene arrestato.
Nel processo per direttissima, la giudice gli applica una pena sostitutiva al carcere: andare ad allenare una squadra di ragazzi con disabilità intellettive …
Come si dice in questi casi (anche piuttosto a ragione) “tratto da una storia vera”, il film vuole affrontare col sorriso il tema della diversa abilità. Intendiamoci: col sorriso non significa con inappropriata retorica né con ammiccamenti buonisti.
Il faticosissimo criterio che ci dovrebbe guidare nelle relazioni (che vale sia per gli abili che per i diversamente abili) sta nel cercare di entrare in sintonia con le altre persone e apprezzarle per quello che possono dare, senza pretendere quello che non possono fare.E che spesso aprirsi agli altri ci può aiutare anche a superare i nostri limiti.
Il personaggio di Marco è ben tratteggiato, nel suo narcisismo egocentrico che a un certo punto si deve mettere in discussione per cercare una qualche traccia di empatia dentro di sé.
Le difficoltà sociali di integrazione delle persone disabili non vengono mai né nascoste né minimizzate e a un certo punto uno dei giocatori della squadra dice “Neanch’io vorrei avere un figlio come me!”. Ma la storia sottolinea, se ce ne fosse bisogno, che offrire una opportunità spesso è faticoso, ma molto arricchente sia per chi la riceve che per chi la offre.
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