Regia di Walter Hill vedi scheda film
"Hard Times" è il primo film che Walter Hill firma come regista. Precedentemente aveva lavorato come sceneggiatore, firmando, va ricordato, la sceneggiatura di "Getaway" di Peckinpah, autore, quest'ultimo, che influenzerà parecchio il percorso artistico di Hill come regista. Tra l'altro, il titolo italiano va a parare abbastanza lontano da quella che è la vera essenza del film: non vi sono nè eroi tutti d'un pezzo, nè cattivi da sconfiggere a tutti i costi, ma soltanto uomini che cercano di tirare a campare durante gli anni della Grande Depressione, proprio come rammenta il titolo originale. Chaney (Charles Bronson) è un vagabondo che giunge a New Orleans "scroccando un passaggio" a bordo di un treno merci; è come un fantasma spuntato all'improvviso: nulla si sa del proprio passato o di un'eventuale famiglia; porta con sè solo lo stretto necessario per sopravvivere spostandosi da un luogo all'altro. Ciò che possiamo intuire è che la vita lo ha forgiato come un tipo coriaceo, spiccio e di poche parole; il suo più grande talento è dato nell'essere praticamente invincibile come pugile nella boxe di strada, quella praticata a mani nude, con la quale guadagnare denaro attraverso le scommesse. Charles Bronson, complice anche un fisico asciutto e muscoloso, interpreta Chaney alla grande, con il suo solito "minimalismo" recitativo, dove sguardi e gesti assumono più valore di interi monologhi. Chi capisce al volo il talento di Chaney è Speed (James Coburn), un giocatore d'azzardo di mezza tacca che si "autoproclama" immediatamente manager di Chaney. Speed rappresenta la nemesi del personaggio di Bronson: dove Chaney colpisce con i pugni, Speed colpisce di lingua, avendo una parlantina - classica da "trafficone" - con la quale cerca sempre di cavarsi dai guai. Anche Coburn, come Bronson, dà riprova di essere un grande attore, mettendo in scena la figura di una "canaglia" di basso profilo, un perdente senza sogni di gloria che, per tirare a campare, punta sulla propria furbizia e sulla favella logorroica. L'incontro-scontro tra due uomini, tra due personalità tanto diverse che si malsopportano, ma che quasi si completano è sempre stato uno dei denominatori comuni del cinema di Hill, tanti sono gli esempi che si possono fare: da Ryan O'Neal (taciturno) con Bruce Dern (chiaccherone) di "Driver", gli immancabili Nick Nolte - Eddie Murphy del dittico "48 Ore" - "Ancora 48 Ore", Schwarzenegger gelido russo vs. Jim Belushi yankee dalla battuta facile in "Danko", ma si potrebbe andare ancora avanti. Insomma, secondo Hill, ogni uomo affonta la vita secondo un proprio modo di concepirla, un proprio "stile": chi, come Chaney/Bronson si costruisce una propria "corazza" sulla quale farsi scorrere addosso tutto, seguendo un proprio codice. Chi come Speed/Coburn, invece, è sempre pronto a scendere a patti e a cercare la strada più facile. Autentico colpo da maestro da parte di Hill, nel film, è di presentare l'ultimo combattimento della storia non come quello più spettacolare, magari di fronte a un grande pubblico (già presente a metà film), ma come una vera e propria resa dei conti all'interno di un magazzino. Combattimento a cui Bronson si presenta (e ne esce vincitore) non per soldi, ma per salvare la vita a Coburn, in mano a dei ganster locali che aveva cercato di raggirare: in questa occasione traspare la "grandezza morale" di Chaney, la dignità e "l'eroismo" che lo contraddistinguono e che il personaggio di Coburn non ha mai avuto. Hill, quasi trent'anni dopo, avrebbe scelto di nuovo la boxe come metafora di riscatto, con il film "Undisputed" ed anche in quel caso non ha girato un film d'ambito sportivo "classico" (come potrebbe essere, per esempio, "Rocky"), ma, parlando di pugilato in ambito carcerario, ha raccontato un'altra storia di anti-eroi, di perdenti esclusi dalla società, a cui, forse, resta soltanto l'onore come unica strada da perseguire. Perciò gli "eroi" (usiamo ancora questo termine) dei film di Hill non hanno mai avuto bisogno di parlare molto per dimostrare la propria stoffa, sono i fatti quelli che contano: "Non pensi che dovremmo dirci qualcosa?" chiede Speed/Coburn a Chaney/Bronson, prima che quest'ultimo, così come è arrivato, sparisca di nuovo saltando a bordo di un altro treno: Bronson risponde abbozzando un mezzo sorriso. E con il silenzio.
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