Regia di Carlo Borghesio vedi scheda film
Felice è un povero disoccupato senza arte né parte; fa amicizia con Gaetano, che vive di espedienti, e, pur mantenendo il suo candore, Felice finisce coinvolto in un turbine di disavventure oltre il limite della legalità. Solo l’amore per Giulietta, ragazza madre, sembra poterlo salvare.
Una delle vette assolute di Macario al cinema è questo L’eroe della strada, sulla carta un filmetto di rocambolesche disavventure di un povero cristo alle prese con l’Italia della ricostruzione, miserrima eppure piena di speranze. Solo sulla carta, però: perché la sceneggiatura di Steno & Monicelli (anche soggetto), Carlo Borghesio (il regista), Leonardo Benvenuti e Mario Amendola è un vero e proprio congegno da risata esplosiva, che pone il protagonista al centro di un inarrestabile turbine di gag, situazioni buffe e girandole di equivoci, per un’ora e mezza a ritmo assatanato. Siamo nel 1948 e una pellicola del genere si può situare esattamente a cavallo fra il ‘prima’ e il ‘dopo’ del nostro cinema, cioè fra le operine leggere dell’epoca del regime, dai meccanismi ben oliati ma sostanzialmente inoffensive, e i più recenti toni e argomenti del neorealismo, intento a raccontare di un’Italia stracciona, giocoforza dedita alla piccola criminalità, non sempre amabile, ma fondamentalmente ingenua e volonterosa. Il risultato è insomma piuttosto godibile e non solo l’ottimo protagonista vi contribuisce, ma fondamentali sono anche le partecipazioni di spalle del calibro di Carlo Ninchi, Folco Lulli, Arnoldo Foà e della giovane, poco più che esordiente Lia Della Scala, ben presto nota al grande pubblico come Delia Scala. Le musiche, non particolarmente memorabili ma senza dubbio ben assortite, sono di Nino Rota; il sodalizio fra Borghesio e Macario, cominciato nel 1941 con Il vagabondo, proseguirà negli anni successivi. 5/10.
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