Regia di Lucio Fulci vedi scheda film
Thriller-horror nel mondo della danza, che si accoda al filone fortunato iniziato in quel periodo proprio da Chorus Line e proseguito con altri successoni del calibro di Flashdance, Footlose o Perfect, senza tuttavia tralasciare, come in una sorta di prosecuzione de Il fantasma del palcoscenico di De Palma, la sua essenza di mistery, che invece manca completamente negli altri precedentemente citati. Candice Norman (Olga Karlatos).
Quando tuttavia una serie di omicidi comincia a mietere brutalmente vittime tra il corpo di ballo, allo stress si unisce la paura. Candice sogna addirittura di venire assassinata, ed in sogno riconosce il suo persecutore nella figura di un suo amico modello ed attore, che per combinazione ella incontra nuovamente ed inizia a frequentare, sospettando sempre di più che il ragazzo sia coinvolto nei brutali assassinii.
La polizia non sa che strade prendere, e solo l’iniziativa del biondo aitante modello (lo interpreta Ray Lovelock), finirà per chiarire il mistero, frutto di una doppia personalità che si impadronisce di uno dei personaggi trainanti della vicenda, spingendolo ad agire per una vendetta sua tutta interiore e privata nei confronti delle nuove emergenti leve del mondo della danza moderna.
Nato come il capostipite di una trilogia (poi rimasta senza seguiti) pensata da Lucio Fulci ed incentrata sulla musica, Murderock accumula falsi indizi svianti come nello stile più classico del prolifico regista romano, per poi aprirsi in un finale a sorpresa difficilmente ipotizzabile, se non con l’ausilio di ipotetiche problematiche psicologiche del vero assassino.
Un filmetto più curioso che riuscito, che ci riporta ai mitici inizi ’80 tutti aerobica, tutine sgambate, spalline enormi e disco dance movimentata, balli di gruppo che peraltro inizialmente nel film vengono ripresi con musiche differenti, producendo un grottesco effetto di ritmi e tempi sbagliati che suscita un misto tra sconcerto e tenerezza.
Un Fulci che vuole fare l’americano con mezzi irrisori e tanta tenacia, con un tocco quasi artigiano che punta a provocare reazioni epidermiche sullo spettatore, assemblando personaggi bidimensionali molto stereotipati e superficiali.
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