Trama
Eva, giovane e promettente medico, abbandona all'improvviso la sua brillante carriera per studiare Storia della Medicina e lasciarsi alle spalle il suo passato. In realtà quella che sembra una scelta incomprensibile è motivata da una condizione profondamente drammatica. Nella sua "fuga", Eva incontra Henry, con il quale lavora su Il libro delle visioni, uno scritto di Joahn Anmuth, medico prussiano del XVIII secolo, che contiene le speranze, le paure e i sogni di più di 1800 pazienti. Le vicende del medico si intrecceranno indissolubilmente con quelle di Eva, in un gioco di specchi tra presente e passato.
Approfondimento
THE BOOK OF VISION: UN PONTE TRA CORPO E ANIMO
Diretto da Carlo Hintermann e sceneggiato dallo stesso con Marco Saura, The Book of Vision racconta la storia di due esistenze intrecciate da un manoscritto. Da un lato, vi è Eva, una giovane promettente dottoressa che abbandona la sua carriera per immergersi nello studio della Storia della medicina. È giunto per lei il tempo di mettere in discussione tutto: la propria natura, il proprio corpo, la propria malattia e un destino segnato. Dall'altro lato, invece, vi è Johan Anmuth, un medico prussiano del Settecento in perenne conflitto tra nuove spinte razionaliste e antiche forme di animismo. The Book of Vision è il manoscritto capace di intrecciare le due esistenze in un vortice ininterrotto. Lontano da un testo scientifico, il libro contiene le speranze, le paure e i sogni di più di 1800 pazienti. Il medico prussiano sapeva come ascoltare i propri pazienti, il loro spirito vaga ancora tra le sue pagine, la vita e la morte fanno entrambe parte di un fluire continuo. La storia di Anmuth e dei suoi pazienti darà lo slancio a Eva per vivere appieno la propria vita. Niente si esaurisce nel proprio tempo. È reale solo ciò che si desidera, non quello che meramente accade.
Con la produzione esecutiva di Terrence Malick, la direzione della fotografia di Jörg Widmer, le scenografie di David Crank, i costumi di Mariano Tufano e le musiche di Hanan Townshend, The Book of Vision è un viaggio attraverso il passato e il presente, la vita e la morte, il dolore più profondo e l'amore incondizionato. A raccontare meglio la genesi del progetto è lo stesso regista in occasione della partecipazione alla Settimana della Critica del Festival di Venezia 2020: "Che cosa caratterizza l'universo femminile? Cosa c'è alla base di scelte che coinvolgono il proprio corpo e in ultimo la relazione intima con la vita? Proprio dalla situazione critica della protagonista, dalla sua scelta di riappropriarsi della propria vita con coraggio e determinazione nasce un viaggio che più esplora la natura del proprio animo più si spinge in un territorio fantastico. Pagina dopo pagina, Eva capisce quanto la storia di un medico del Settecento possa aiutarla a percepire se stessa come qualcosa di unico. Finalmente può scrollarsi di dosso lo sguardo di tutti coloro che vogliono decidere della sua vita: medici, genitori, amanti. Eva è come se fosse la prima donna sulla terra, guarda il suo corpo e capisce che solo lei può decidere del suo destino. Solo lei può ascoltare le voci del passato per mettere in discussione il presente".
"È ormai scontato entrare all'interno del corpo", ha proseguito Hintermann. "Oltrepassiamo la barriera della nostra pelle, con aghi, bisturi, ecografie. Guardiamo al suo interno come un gesto scontato. È sempre stato così? Nella medicina antica non si poteva entrare nel corpo, che era visto come qualcosa di sacro e impenetrabile. Gli interventi chirurgici erano considerati pericolosi esperimenti, di quello che c'era all'interno del corpo si poteva solo raccontare una storia. Ecco allora l'incontro di Eva con il medico Johan Anmuth, che alla fine del Settecento raccontava i corpi dei propri pazienti attraverso le loro fantasie. Da lì a poco sarebbe iniziata a diffondersi la chirurgia e, tra pericolosi tentativi e rarissimi successi, si sarebbe iniziato a conoscere cosa sta all'interno del corpo. L'empiricità della chirurgia degli albori è stata recentemente raccontata nella fortunata serie The Knick, mostrandone il lato orrorifico e i profondi conflitti morali che ne derivavano. Eva per riappropriarsi del proprio corpo, per decidere cosa fare della propria vita, ha bisogno di fare un balzo all'indietro, quando la chirurgia era considerata una pratica da stregoni. Pagina, dopo pagina conoscerà le abitudini di Johan Anmuth così lontane da quello che ha imparato sui libri di medicina. Questo contatto diretto le permetterà di capire quanto il racconto dei pazienti sia importante, quanto parlare della propria malattia e quindi del proprio corpo abbia lo stesso peso dell'indagine medica. Aprirsi al mondo, questo in ultimo significa guarire. La consapevolezza della protagonista del proprio corpo, le permetterà di giungere a una nuova sintesi. La sessualità, la malattia, e in ultimo la morte fanno parte dell'esperienza umana, il corpo raccoglie tutte queste dimensioni, mostrandole sulla superficie della pelle. Tutte le volte che il rapporto medico e paziente assume una forma conflittuale, ne segue un fallimento terapeutico. Curare significa instaurare un rapporto. Questo Eva lo sa, come medico e come paziente. E non c'è cosa più difficile per un medico che essere costretto a divenire paziente a causa di una malattia. Eppure tutte le volte che si capovolge lo sguardo ne nasce qualcosa di sorprendente. Non è un caso che nella medicina contemporanea si stia facendo strada sempre di più la narratologia: il paziente che tematizza e racconta la malattia ha già messo in pratica un percorso di cura. Questo non significa rinunciare al progresso scientifico, ma al contrario inscriverlo in qualcosa di profondo e insondabile: l'animo umano. The Book of Vision affronta il rapporto medico paziente costruendo un ponte: quello tra il corpo e l'animo. Solo tenendo conto di questo, il rapporto medico paziente diventa profondo e rivelatorio".
Ha infine concluso: "La possibilità di attraversare il tempo mi ha sempre affascinato. Forse è la prima motivazione per cui mi sono innamorato del cinema e la sua capacità di saltare in dimensioni temporali e spaziali diverse. The Book of Vision fa della possibilità di attraversare il tempo un elemento di forza. È come se Barry Lyndon improvvisamente decidesse di lanciarsi nello spazio. Come nel fumetto La Lega degli Straordinari Gentlemen, le qualità straordinarie degli uomini hanno la forza di viaggiare nel tempo. Eva ha la capacità di comprenderlo e considera straordinari non solo il medico Johan Anmuth, ma anche i racconti dei suoi pazienti, fantasie di gente comune, che non avrebbero alcun diritto di comparire nei libri di storia. È la sua capacità di vedere il meraviglioso che permette ai personaggi del passato di apparire nel presente. La passione maturata verso i film fantasy degli anni Ottanta e Novanta con i quali sono cresciuto, da I Goonies a Labyrinth, da La Storia infinita a Ritorno al futuro, ha un ruolo importante. Il meccanismo è lo stesso: aprire una porta, una dimensione inaspettata che si spalanca sul fantastico. Dal punto di vista visivo sia la parte contemporanea che quella del passato tengono conto di questa porta: ogni luogo, ogni oggetto, ogni azione hanno una valenza ambigua, in bilico tra due dimensioni. Inseparabili di David Cronenberg è uno straordinario punto di riferimento per questa ambiguità. The Book of Vision vuole muoversi tra la sensazione di meraviglia dei fantasy anni Ottanta e l'elemento perturbante dei film di Cronenberg e Kubrick, cercando di trovare una nuova sintesi. Giungere a una sintesi tra passato e presente, a favore di un tempo che coincida con quello del desiderio, è uno degli elementi portanti del film. Per fare questo gli attori protagonisti del presente interpretano anche il proprio doppio nel passato. Eva è anche Elizabeth von Ouerbach, paziente del medico prussiano Johan Anmuth, e quest'ultimo è anche il dottor Morgan, medico curante di Eva. La somma dei diversi personaggi è come se giungesse a un unico protagonista, mostrando come ogni personalità contiene una moltitudine di voci. The Book of Vision vuole essere un omaggio alla forza inesauribile della vita e alla necessità di una continua rinascita. Ogni esperienza interrotta, ogni caduta, ogni amore irrisolto abita uno spazio e un tempo possibile, in continuo divenire. Il cinema è l'espressione più alta di questa potenzialità, un mondo alternativo con una natura propria. La visione è un processo inafferrabile che appartiene a ogni singolo spettatore, la consapevolezza di non poterla dominare è come affacciarsi su un precipizio dove la paura si mescola all'entusiasmo".
Il cast
A dirigere The Book of Vision è Carlo Shalom Hintermann, regista e produttore italiano e svizzero. Dopo essersi diplomato in percussioni classiche e aver studiato Storia del Cinema in Italia, si è diplomato in Regia negli Stati Uniti. Ha realizzato una serie di cortometraggi e successivamente insieme a Luciano… Vedi tutto
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Commenti (2) vedi tutti
Fotografia e costumi da nomination, ma la storia non scorre.
commento di look67La medicina della Tradizione contro la scienza moderna.
leggi la recensione completa di Osmantus