Regia di Alessandro Aronadio vedi scheda film
Io c’è, Di Leo un po’ meno.
Appannato come la sua ultima religione, che vorrebbe essere un the best of tratto dai più celebrati culti del mondo; creata appositamente per evitare tasse e fisco sul suo B&B vicino San Pietro, a Roma, penalizzato, oltretutto, da un ostello di suore proprio di fronte, che gli ruba tutti i clienti, grazie a prezzi stracciati da oblare sotto forma di donazioni.
Un’ideuzza neanche malvagia, ma che viene stiracchiata in lungo e in largo, permeata di vago new age e sopratt utto mal supportata da battute e situazioni comiche, le migliori delle quali, tutte già esaurite e svelate nei trailers.
Quindi vien da dire, parafrasando il titolo: Di Leo c’è o ce fa?
Secondo noi ce fa.
Sta battendo il ferro caldo di una popolarità ormai consolidata, ma sembra studiare il compitino senza impegnarsi molto, come facevamo a scuola per svangare il quadrimestre.
La costruzione di certe battute “a tempo”, come quella sulla metropolitana a Ibiza, sono telefonatissime, appartengono a tempi comici tipici di Di Leo, ma che arrivano stanchi, disinnescati, sfiatati.
Ora speriamo che le crisi di coscienza - le medesime che attanagliano il protagonista del film, quando avverte in pericolo una delle sue inquiline/adepte - gli facciano tornare in mente che la comicità dovrebbe sgorgare spontanea e quasi tracimare da ogni fotogramma di film, lo riportino indietro agli esordi registici di Diciotto anni dopo (gioiellino incredibile) o alla verve irresistibile del primo Smetto quando voglio (trasformatosi in tracotanti e pretenziosi sequel..).
C’è bisogno di un Di Leo libero. Perché Di Leo c’è.
Aridatecelo.
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