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Il peccato - Il furore di Michelangelo

Regia di Andrei Konchalovsky vedi scheda film

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La recensione su Il peccato - Il furore di Michelangelo

di Furetto60
6 stelle

Biopic su Michelangelo Buonarroti. Ottima la confezione estetica, meno il contenuto. Buona la performance artistica di Testone

Il regista Andrey Konchalovskiy, ci consegna con questo film, la sua personale versione di Michelangelo Buonarroti, in una coproduzione italo-russa. Pare che Putin abbia regalato a Papa Francesco una copia in DVD di quest’opera, in occasione di una visita al pontefice. Così mette in scena un Cinquecento in formato 4:3, con sfondi aspri e inospitali; le scene girate a massa Carrara sono le più crude e le più autentiche: lagrime e sangue e in sottofondo un dialetto che è difficile decifrare. Nella concitazione del laborioso trasporto del cubo di marmo c’è anche qualcuno che ci rimane sotto. Un Rinascimento che appare più come un tardo medio-Evo, poco moderno, volgare, brutale e degradato, si intravedono persone impiccate e lasciate appese penzoloni sui balconi, per strada prostitute che si offrono oscenamente, coppie che copulano negli angoli della via senza pudore, lontano dai film in costume patinati e con salotti eleganti, immagini fatiscenti e livide straripano dalle inquadrature, insomma un’umanità triste e misera. In cui l’artista è un uomo come gli altri, se non peggio, con vestiti logori e sporchi, unghie spezzate, barba lunga e incolta. Michelangelo si barcamena, conteso tra due famiglie e due Papi, i Della Rovere e i Medici: costretto a destreggiarsi tra le due potenti e antagoniste casate, sfruttato sia dalla propria famiglia, sia dai Papi “terreni”, non riesce a rispettare gli accordi, perché le opere per lui, non hanno mai fine, la sua arte deve esprimersi liberamente, senza scadenze o coercizioni.  Appare piccino, disonesto, invidioso, geloso, soprattutto di Raffaello Sanzio, molto umano, infelice, nervoso irascibile, perennemente afflitto da paure e contraddizioni. La sua genialità creativa è un dono, che però lo espone alle beghe, ai complotti e ai giochi di potere dei palazzi. Buonarroti, artista di fama, dal carattere collerico ha più nemici che amici, vive immerso nelle sue paranoie, sempre in guardia per evitare i pericoli reali o quelli immaginari e l’ombra costante di tradimenti veri o presunti. Konchalovsky vuole riprendere la tradizione italiana del cinema neorealista e questa intenzione appare evidente: attori e comparse sono volti sconosciuti, in più il contesto è ombroso e decadente, dappertutto sporcizia e fango. Il racconto rileva il ruolo dell’artista e il suo conflitto col tempo. Buona l’interpretazione di Alberto Testone in un ruolo non facile. Sono anche apprezzabili alcune sequenze che dimostrano la qualità del cineasta sul piano estetico: la morte di Papa Giulio II, incorniciato nel letto, la scena notturna nel castello dei Malaspina, a lume di candela, scandita da un gioco di luci e ombre “magico”. Tuttavia il film risulta prolisso e a tratti perfino noioso e ci si chiede ovviamente quanto di vero ci sia in questa rappresentazione di Michelangelo Buonarroti.

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