Regia di Edward Dmytryk vedi scheda film
Il mini-Bogart Dick Powell che si lancia in un'intricata vicenda di nganni, doppi giochi e personaggi con falso nome,
Ecco un prodotto medio del prolifico Edward Dmytryk, regista che secondo me oscilla tra il medio, appunto, e il buono.
Il protagonista è interpretato da Dick Powell, una specie di mini-Bogart, più per la somiglianza fisica, credo, che per la recitazione. Il suo personaggio – un uomo che ha perso la moglie partigiana perché fucilata dai collaborazionisti francesi – si imbarca in una furiosa e testarda ricerca del criminale di guerra responsabile dell'eccidio. Il dolore per la perdita della donna si coniuga infatti in un'inestinguibile sete di vendetta, dai tratti francamente ambigui. A momenti sembra fanatico e cieco, uno che quasi incorrerà nella maledizione per chi ucciderà Caino, in altri pare portatore di una giusta causa.
In generale, si tratta di una pellicola discreta. La trama è galoppante, ed a tratti fin troppo frettolosa, come nella prima parte. L'azione è continua, e raccontata in modo chiaro, senza buchi di sceneggiatura. A mancare, secondo me, è un po' di più di analisi dei personaggi, che non possono essere solo il vedovo assetato di vendetta e il criminale nazista, incarnazione del male assoluto. Non basta cioè solo la trama ben incastrata, ma ci vuole un po' di sostanza umana e annotazioni psicologiche. Una nota di merito, tuttavia, merita il monologo finale del “mostro”, che sintetizza bene l'essenza e gli scopi del nazismo nel suo aspetto ideologico.
La pellicola apre anche uno spaccato sul fenomeno della vendetta privata del primo dopoguerra, una piaga che anche in Italia produsse molti omicidi, i quali contribuirono ad allungare la già lunga scia di sangue della guerra.
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