Regia di Adam McKay vedi scheda film
Sapevo chi eri ancora prima che tu lo fossi.
L'11 settembre 2001, mentre venivano abbattute le Torri Gemelle, il presidente Bush junior si intratteneva presso una scuola dove i bambini leggevano delle storie. Un documento filmato riproduce un agente che gli sussurra qualcosa all'orecchio (chissà cosa???), ma lui resta imperterrito nella classe a leggere con i bambini la favola della capretta. Qualche maligno potrebbe sospettare che il "vero" Presidente degli USA era già al Pentagono e in piena attività....
Pronti via e siamo al 1963 nella sera che la ricostruzione di Adam McKay pone come base per l'evoluzione di quello che sarebbe diventato il vero Dick Cheney, un uomo ambizioso (ben supportato quando non stimolato dalla moglie), gran lavoratore, capace di sacrificare il proprio io per riuscire a raggiungere quasi in punta di piedi i propri obiettivi. Detto questo, il film si basa sul nulla assoluto: una cronistoria a tratta didascalica degli eventi principali che hanno caratterizzato le promozioni di Cheney dall'essere stato il più giovane capo di gabinetto sotto Nixon fino ai risultati finali; una storia burocratesca, anche piuttosto noiosa, se non fosse per la capacità della regia di renderla attraente tramite un montaggio forzatamente comico e qualche gag non sempre pertinente..
Ma qual è il risultato finale?
Come film di denuncia riesce a denunciare molto poco, in quanto i rapporti di forza nell'Amministrazione Bush jr. sono a tutti già ben noti.
Come film "liberal" riesce a descrivere molto bene la amoralità del protagonista e di molti colleghi politici del tempo: ma anche questo non giunge come novità assoluta. Che l'Iraq di Saddam non possedesse armi di distruzione di massa, ma fosse solo un supermarket di giacimenti di petrolio è roba che ormai si studia anche a scuola
Cheney, l'impenetrabile, riflessivo, pragmatico uomo politico, può forse diventare il capro espiatorio come spesso piace trovarne al cinema americano, che ama individuare/creare personaggi negativi su cui riversare la responsabilità dei misfatti presi in considerazione.
Ma qui - come anche in La grande scommessa - tutto si esaurisce in una risata apparentemente liberatoria, senza alcuna autocritica nei confronti del sistema e della cultura che permette di realizzare i citati misfatti.
Anche Vice non fa sconti alla moda di "Tale e quel show", a volte anche in maniera un po' imbarazzante (vedi la mericolosa "ricostruzione" di Colin Powel e Condoleeza Rice), ma ho la sensazione che il buon Christian Bale una parte non piccola dei chili di troppo del suo personaggio li abbia dovuti metter su sul serio.
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