Regia di Damien Chazelle vedi scheda film
Il film di Damien Chazelle è concettualmente un melodramma lunare anticonvenzionale ed estremamente personale, perchè anche in questa occasione il regista racconta soprattutto di un uomo e della sua personalissima ossessione: la ricerca e il bisogno, durato anni di duro lavoro e sofferenze psicologiche ma anche familiari, di trovare un senso, escatologico ancora prima che personale, a qualcosa che un senso in realtà non ha, ovvero la morte della figlia.
Si tratta infatti di una storia che non racconta affatto di una delle tappe più importanti e fondamentali della storia dell'uomo, evento già raccontato e sviscerato in ogni sua forma e con qualsiasi mezzo a disposizione, soprattutto a un pubblico ormai avvezzo a ben altro e che dopo così tanti anni non può più avvertire l'importanza di qualcosa ormai dato per scontato, quanto quella di un racconto intimo, molto più personale, e che rinuncia ad una eccessiva spettacolarizzazione per narrare invece di un uomo comune alle prese con qualcosa molto più grande di lui e che, forse, non è neppure in grado di comprendere appieno se non, per l'appunto, riconducendolo a una propria catarsi personale.
First Man quindi è un film intimista, che ci porta all'interno della psicologia di un uomo e dei suoi demoni, e di un vuoto talmente enorme che soltanto un'impresa altrettanto enorme è in grado di esorcizzare.
Anzi ci porta direttamente dentro la sua testa, vediamo quello che vede lui e come lo vede lui, sentiamo quello che sente lui (eccellente il lavoro sul suono, compresa una colonna sonoro persistente ma mai eccessiva o invadente), avvertiamo quello che prova come anche come lo prova (ottimo il lavoro di Ryan Goslin e di una sorprendente Claire Foy, alla fine rivelatasi come una vera e propria co-protagonista della pellicola) e ci perdiamo con lui tra i suoi sensi di colpa e a un dolore che non riesce a trovare un suo sfogo.
Di conseguenza la storia risulta volutamente incompleta, depotenziandone alcuni aspetti, specialmente quelli maggiormente legati al Mito e alla componente storico/sociale, dalla portata della corsa allo spazio tra USA e Russia alle reazioni nel mondo a tali eventi, appena abbozzate o trattate solo di sfuggita, giusto con rimandi o qualche accenno, per inquadrare unicamente le conseguenze che tali eventi hanno avuto in particolare su un piccolo nucleo familiare, quello direttamente in prima linea e più coinvolto emotivamente, imbrigliato loro malgrado nelle pieghe della Storia, quella con la S maiuscola.
La missione sulla luna come elaborazione di un lutto personale, quindi, ma forse, nelle intenzioni degli sceneggiatori, anche come sinonimo della perdita dell'innocenza (era il periodo del Vietnam, delle manifestazioni studentesse e dei conflitti razziali e si era ormai prossimi al Watergate) e quindi anche elaborazione delle colpe e delle mancanze di una intera nazione.
Della seria: cosa abbiamo perso, cosa ci siamo lasciati indietro, di importante o addirittura di fondamentale, pur di arrivare per primi sulla luna?
Da qui forse (ed è un forse bello grande) anche la totale mancanza di enfasi o di retorica da parte della pellicola, così come il bisogno invece di un racconto sommesso e inclusivo, quasi funereo, ma forse queste sono solo considerazioni personali o mie impressioni fin troppo fantasiose ma che niente tolgono a un'opera edificante e che celebra più il dolore di un padre (e di una madre) piuttosto che, per quanto importante, un singolo evento.
VOTO: 8
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