Regia di Damien Chazelle vedi scheda film
Ed ecco che inciampa anche Damien Chazelle, ma non facciamone un dramma, capita a tutti prima o poi. Se decidi poi di dirigere un film in parte girato nello spazio, allora ti dai la zappa sui piedi da solo.
L’ultima opera del regista premio Oscar per La La Land, e sappiamo quanto questo benedetto premio faccia alzare esponenzialmente le aspettative su un regista/attore che sia, pecca di presunzione in diversi punti e, alla fine, si ha come la sensazione di aver visto due film in uno.
Saltando la parte iniziale, l’incipit claustrofobico con cui ci accoglie la pellicola, che parte con una scena di un difficile pilotaggio per mano di un inesperto Armstrong, a cui segue una serie di dialoghi tecnici con termini non a tutti comprensibili ed è evidente che Chazelle pretende troppo dallo spettatore ...
La prima parte è incentrata sulla costruzione, prima dell’idea e poi del progetto stesso, della missione che porterà l’uomo a mettere piede sulla luna, per la prima volta; cercando di superare gli “amici russi” che aggiornano costantemente e in breve tempo l’opinione pubblica sui loro progressi relativi alla “conquista dello spazio”. È la parte meno empatica, nonostante il racconto di un grave lutto che colpisce la famiglia Armstrong e che dovrebbe portarci ad entrare in sintonia con i protagonisti, la cui rigidità caratteriale però, si presenta in diverse occasioni, rendendo difficile comprendere il dramma vissuto perché non affrontato dallo stesso Neil e mai palesato dalla moglie Janet. Qui assistiamo ad un montaggio molto serrato, con inquadrature ravvicinate, incentrate soprattutto sui volti degli attori o su particolari, come Neil che accarezza i capelli della figlia, che poi torneranno più volte nella pellicola, e non ho potuto fare a meno di pensare al cinema di Malick.
La seconda parte invece, che và identificata come lo svolgimento della missione vera e propria, cioè da quando l’Apollo 11 avvia i motori fino a quando vediamo la luna specchiarsi nel vetro specchiato del casco di Armstrong, è un tripudio di emozioni. L’ammaraggio sulla luna vale da solo il prezzo del biglietto. E’ l’unico momento emozionante di tutta la pellicola. La piccola navicella che si sgancia, l’interminabile atterraggio che tiene letteralmente con il fiato sospeso, il silenzio che avvolge gli astronauti, l’immagine del piede in contatto con il suolo lunare, la luna ripresa di riflesso dal casco di Armstrong, è in quel momento che il regista è stato in grado di trasmetterci tutta l’emozione che si è potuta provare in quel momento. Sembrava davvero di essere lì. Qui il montaggio è lineare e sembra procedere come una spirale, che porta chi guarda ad entrare sempre di più nella profondità del racconto e nell’animo di Neil, principalmente quando ci mostra il motivo che lo ha spinto a quel viaggio lontano e pericoloso.
Ryan Gosling sembra nella parte, ma la sua interpretazione non è costantemente buona, colpa forse di un personaggio non socievole da cui si tende a prendere le distanze. Claire Foy si ritrova invece in un personaggio incomprensibile ma lo sguardo che le dona è senza dubbio uno dei più intensi mai visti.
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