Regia di Damien Chazelle vedi scheda film
Chazelle sì o Chazelle no?
Dopo aver reinventato il musical con ammirevole brio in "La la land", il regista franco-americano si interessa alla biografia dell'astronauta Neil Armstrong e allo sbarco sulla Luna avvenuto mezzo secolo fa, nel 1969. Ho sempre pensato che il cosiddetto bio-pic sia un genere ormai usurato da tempo, ma Chazelle riesce ad iniettarvi nuova linfa, conferendo uno spessore non così scontato alla figura di Armstrong, un ingegnere che divenne uno dei protagonisti della corsa americana alla conquista dello spazio, in opposizione ai sovietici. A mio parere, se Armstrong sullo schermo risulta un personaggio credibile, molto del merito è anche di Ryan Gosling, attore che da alcuni viene bollato come "incapace di cambiare espressione per un intero film", mentre in realtà dimostra di saper adeguare la sua espressività in modo sensibile alle esigenze del copione, qui probabilmente meglio di quanto ha fatto in "Blade runner 2049". Dal punto di vista spettacolare il film ha un buon impatto, con le scene degli esperimenti di volo e l'allunaggio finale che ricorrono in abbondanza a fotogrammi sgranati o traballanti: Chazelle non si dimostra inferiore a quanto ci ha dato pochi anni fa Cuaron in "Gravity", una ricerca visiva non banale che si mette al servizio di una trama, per quanto poi per un profano risulti difficile giudicare tanti particolari nella rievocazione delle missioni spaziali, di cui si ignora l'attendibilità o meno. Chazelle dà il giusto spazio alla dimensione umana di Armstrong con il dramma della morte per tumore della figlia che lo tormenta pure nella scena della passeggiata sulla Luna e rinuncia, a mio parere saggiamente, alla retorica della bandiera americana issata sul terreno lunare, anche se questa scelta gli ha procurato numerose critiche, comprese quelle del presidente Trump. Certamente non mancano scompensi e momenti opachi, così come alcune lungaggini su una durata di 140 minuti, ma nel complesso mi sembra opera di buon rilievo, affascinante figurativamente e omogenea nello stile. Tra gli attori secondari Clare Foy è una moglie energica e devota e lascia un buon ricordo di sè, insieme ad altri volti non molto noti, generalmente ben diretti da Chazelle. Importante il contributo delle musiche di Justin Hurwitz, già vincitore di due Oscar per "La la land", così come la fotografia di Linus Sandgren che conferisce al nostro satellite un nitore visivo degno della suggestiva magia delle invocazioni leopardiane nel Canto notturno di un pastore errante dell'Asia.
voto 8/10
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