Regia di Damien Chazelle vedi scheda film
Venezia 75 – Concorso ufficiale.
Per conseguire un risultato risonante, occorre tempo, non scoraggiarsi di fronte ai contrattempi e agli incidenti di percorso, per quanto possano ferire e far riflettere sul proprio operato, potendo contare su un impegno e un sacrificio apodittici, tali da non consentire l’apprendimento di quelle funzioni che ogni essere umano esercita normalmente.
Queste regole devono essere seguite in maniera ancora più ferrea quando si tratta di essere i primi a cimentarsi in un’impresa, volta a espandere gli orizzonti oltre l’ignoto e spostare i limiti più in là. In poche parole, quando è in ballo la scrittura di una nuova pagina sull’evoluzione dell’umanità.
Agli inizi degli anni Sessanta, la Nasa si pone come obiettivo primario di fare in modo che il primo uomo a muovere un passo sulla Luna sia un americano, in una lunga rincorsa per battere sul tempo l’Urss.
Neil Armstrong (Ryan Gosling), sposato con Janet Armstrong (Claire Foy), e reduce da un lutto devastante, fa parte di una ristretta élite di prescelti, al pari dei sodali Edward Higgins White (Jason Clarke) ed Elliott See (Patrick Fugit), selezionati per raggiungere il risultato prefissato.
Tra grandi successi e frangenti di sconforto, con l’opinione pubblica che in egual modo inneggia all’impresa così come manifesta dubbi sulle reali priorità cui pensare, arriva il momento del fatidico lancio, senza avere la certezza possa concludersi con esito positivo.
Reduce dal trionfo clamoroso di La La Land, preceduto a sua volta dalla sorpresa giunta dal nulla di Whiplash, Damien Chazelle non si crogiola sugli allori e si mette al volante della sua prima Formula 1, una produzione high value, chiamata a tenere un piede in due scarpe al fine di accontentare i vari interlocutori per cui è stato pensato (il pubblico generalista, ma anche la componente più cinefila).
Prima di tutto, First man è un biopic classico, incentrato su una figura la cui l’impresa finale è nota anche ai sassi, con un ricettario che – da prassi – posiziona il focus sul lato operativo senza scordare il fattore umano e un tragitto accidentato, tra grandi passi in avanti e battute d’arresto che potrebbero mandare tutto a monte.
Questi fondamentali determinano tre clamorose macrosequenze – saggiamente posizionate all’inizio, sulla metà del guado e in coda – che veicolano tecnica ed emozioni, confezionando altrettanti picchi, massime espressioni autoriali tra scienza e avventura, pericolo e scoperta, ricordi e legami indissolubili.
Combinazioni che fanno vibrare sguardo e spirito, tra riprese che creano sollecitazione da montagne russe, con tanto di inquietudine dinnanzi agli angusti spazi tecnici del tempo e al buio dello spazio profondo, e legami, non solo di sangue o attivi, con musiche avvolgenti che dettano un ritmo talvolta somigliante a un passo di danza.
Contemporaneamente, i raccordi secondari, anche per questioni di tempo (la sceneggiatura di Josh Singer (The post, Il caso Spotlight) colloca comunque le pezze necessarie per sostenere l’architrave), non favoriscono la nascita di un procedimento compatto, al pari di alcune soluzioni di comodo, mentre la fotografia sgranata di Linus Sandgren (La La Land) allontana un qualsiasi tipo di effetto patina, abbracciando uno stimolante tono naturalistico quando scivola nel settore privato degli affetti.
Considerando anche l’attitudine al ruolo di Ryan Gosling, il cui circoscritto spettro espressivo si presta alla costruzione del protagonista, la scorza dura - quanto umana - di Claire Foy e un cast maschile adattabile e affidabile (su tutti, prevalgono Jason Clarke e Kyle Chandler), First man è già posizionato – in anticipo sui tempi - sulla griglia di partenza della stagione di premi e incassi in fase di avvio (quantunque sia lecito pensare non avrà la medesima fortuna di La La Land), grazie alla preziosa attitudine di saldare forma e contenuto, esigenze creative e un’anima polifonica, capace di interloquire con lo spettatore in cerca di un paio d’ore nel nome delle forti emozioni, così come con chi pretende un passo ulteriore ed è pronto a fare raffronti con illustri antesignani.
Un biopic massiccio, tra disciplina e qualità, sequenze mozzafiato e alcuni strattoni metrici che ce ne ricordano l’origine hollywoodiana.
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