Regia di Maurice Pialat vedi scheda film
RETROSPETTIVA MAURICE PIALAT – CINEMATHEQUE DE NICE
Ultimo film di Maurice Pialat, che ci parla, sin dal titolo, di rapporti padre e figlio (le garcu inteso come diminutivo familiare di “garcon”), che si intrecciano nei ruoli opposti di Gegé, che è padre di un bimbo piccolo e figlio di un padre morente; ma pure nella realtà, essendo il piccolo, simpatico, vivace protagonista pure il figlio naturale e tardivo di un Maurice Pialat che purtroppo non riuscirà a vederlo crescere ancora molto.
E il gran regista ci racconta, sempre col suo stile “naturale” e disarmante, in presa diretta, con le sue riprese quasi documentaristiche che rifuggono ogni costruzione artificiosa, la grande sfida di essere genitore, padre in particolare. E per questo ci presenta, interpretato dal suo attore preferito, il solido, massiccio e incontenibile Gerard Depardieu, una figura di padre affettuoso, scostante, poco pratico, sinceramente attaccato al proprio figliolo, che tuttavia non sa e non può crescere per il fatto di non possedere una educazione, una cultura, una predisposizione tali da poter costituire una sana e saggia figura di vita per il piccolo. Il quale tuttavia non sembra curarsi delle deficienze educative del padre, così rapito dalla gaiezza che la giovane età gli concede, permettendogli di vedere il lato gioioso ed incantato della vita, prerogativa della spensierata ed effimera gioventù che resta come un ricordo sempre più lontano.
Una gioventù che lo stesso Gegé insegue invano, rifugiandosi in una vita piena di donne che passano, senza che nessuna riesca a fermarsi stabilmente divenendo un punto di riferimento.
Una vita di coppia pazzesca, improbabile, impossibile, che scoppia in scenate e risentimenti logici ed inevitabili.
Le garcu è un film frammentario e vitale, di un uomo ormai anziano o almeno in età avanzata che si aggrappa alla vitalità della giovinezza, alla spensieratezza imprudente degli anni del vigore per cercare di tenersi saldamente ancorato ad un passato che, pur trascorso, lo tiene legato alla vita e al periodo più spensierato. In qualche modo il regista, padre anziano di un bambino di cui potrebbe essere nonno, in un certo senso si impadronisce del personaggio di Depardieu, che diventa, una volta per tutte il suo alter-ego davanti alla macchina da presa.
E Depardieu è nuovamente gigantesco, fisicamente, scenicamente, ma anche intrinsecamente, in questo suo ruolo di balordo umanissimo e tenero di padre diseducativo, vizioso, incorreggibile, fragile ma vivo, certo ingombrante, incompleto, spesso inopportuno, ma fondamentale e in grado di suscitare lo stupore spontaneo e contagioso nel volto irresistibile di quel bambino, Antoine Pialat, che sembra davvero orgoglioso ed emozionato di specchiarsi negli occhi del padre, sia esso davanti o dietro alla postazione di regia.
Regista e protagonista si identificano nella perfetta simbiosi di un ruolo: quello di padre. E l'intesa tra i due, dopo vent'anni di progetti e film assieme, risulta perfetta, come testimonia la foto qui sotto, che li vede complici e sorridenti in compagnia del "loro" garcu.
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