Regia di Michael Austin vedi scheda film
Film che trae ispirazione da un fatto realmente accaduto in Gran Bretagna nel 1800, quando una certa Mary Baker, finse trasferendosi nella città di Bristol, di essere una principessa di nome “Caraboo” scampata per miracolo ad un rapimento e proveniente da una terra straniera (l’isola di Giava che s’affacciava sull’Oceano Indiano) che venne subito creduta ed accolta con affetto da una ricca famiglia del posto che si sentiva onorata all’idea di ospitarla in casa propria. Questa subdola principessa che in realtà era stata solo la domestica di un’altra ricca famiglia di Devon, finse anche di non conoscere affatto l’inglese e di parlare una lingua diversa che lei stessa inventò e per tutto quello che fu capace di fare, venne annoverata tra i dieci impostori più famosi del mondo!
Il film riesce molto bene nella trasposizione di questo personaggio, la scelta di Phoebe Cates (attrice dalla bellezza esotica e moglie di Kevin Kline qui impegnato in un ruolo secondario – quello del maggiordomo della famiglia che ospita la principessa e che è anche il primo a capire che è una grande imbrogliona - ma che procura una discreta comicità al film) è piuttosto indovinata grazie al discreto carisma che riesce a sviluppare in un contesto come questo e la messa in scena si presenta credibile ed intrigante quanto basta nonostante un ritmo altalenante e talvolta un po’ lento che lascia spazio a qualche momento di noia.
La narrazione è simpatica ed ironica e cerca di divertire (le scene più esilaranti ci vengono offerte dalla verve comica di Kevin Kline, ma anche tutte quelle in cui la finta principessa finge di recitare delle preghiere), i personaggi sono ben caratterizzati, ma la trama è parzialmente inconsistente e priva di alcuni aspetti o virtuosismi (che sarebbero state ovvie, ma ottime variazioni rispetto alla storia originale) che in realtà avrebbero potuto giovarle: ad esempio è priva di un aspetto veramente romantico che avesse potuto riempire un po’ di più il piatto e l’atmosfera avventuriera da fiaba magica d’altri tempi che sembra possedere mentre mantiene con costanza un buon equilibrio tra leggenda e realtà, non è sufficientemente presente nella pellicola poiché si lascia sentire solo in poche scene purtroppo.
L’epilogo è certamente carino, ma prevedibile ed anche un po’ carente di anima ed il film, nonostante un buon soggetto che è stato sviluppato bene, non riesce del tutto nell’intento di denuncia di tempi storici difficili in cui era piuttosto facile esser condannati alla forca in quanto si concentra più sull’aspetto ironico degli imbrogli della finta principessa che su quello approfondente i vari statuti e le convenzioni sociali britanniche di quell’epoca, ma in fondo va bene così poiché la figura di una donna coraggiosa ed emancipata che non aveva timore di dar sfogo alla propria fantasia pur di evadere dalla noia quotidiana, non poteva essere illustrata attraverso toni drammatici ed inutili virtuosismi storici, ma s’è rivelato adeguato illustrarla con leggerezza e spiritosaggine.
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