Regia di Ingmar Bergman vedi scheda film
L'attempato avvocato Egerman (Gunnar Bjornstrand) flirta con l'affascinante attrice di teatro Désirée (Eva Dahlbeck), nonostante sia sposato con la giovane Anne (Ulla Jacobson), a cui fa la corte il nipote Henrik, interpretato da Bjorn Bjelfvenstam (nella versione italiana, edulcorata, mentre in originale è il figlio di primo letto), il quale tenta dei goffi approcci con la smorfiosa cameriera Petra (Harriet Andersson): l'avvocato a casa dell'attrice fa a sua volta la conoscenza dell'amante di lei, il borioso e vanitoso militare Malcom (Jarl Kulle), sposato con Charlotte (Margit Carlqvist). Si ritroveranno tutti nella lussuosa casa di campagna della madre di Désirée, dove tutti i nodi verranno al pettine.
'Sorrisi di una notte d'estate' segna una decisa svolta nel cinema di Ingmar Bergman, non tanto per i temi trattati - più o meno i consueti dissidi amorosi, la guerra tra i sessi, il confronto giovani-adulti, la ricerca, spesso vana, della felicità nell'esistenza - ma quanto per la messa in scena e soprattutto per i toni scelti.
Nelle opere a questa antecedenti difatti Bergman aveva optato per un'impostazione drammatica con qualche tocco ironico e comico, spruzzati con parsimonia nell'arco narrativo di ciascun film, salvo rare eccezioni, come ad esempio 'Donne in attesa'. Nel film in questione, al contrario, prevalgono toni leggeri, dialoghi arguti ed ironici, situazioni che esordiscono con fare serio ma poi sfocianti nello sberleffo, nello scherzo e nella comica, come l'avvocato Egerman che finisce inzuppato nella pozzanghera, oppure la (finta) roulette russa tra lo stesso Egerman e Malcom, o il tentativo di suicidio di Henrik, che si conclude comicamente con una caduta, ma con il tutto solcato da una sottile amarezza di fondo.
'Sorrisi di una notte d'estate' è un incessante fuoco di fila di situazioni al limite del paradossale con cui l'autore smaschera i vizi ed i difetti di appartenenti ad un determinato ceto sociale altolocato da un lato e le ipocrisie, le menzogne insite in ogni rapporto di coppia dall'altro.
Si è parlato tanto delle molteplici fonti d'ispirazione, sia cinematografiche sia letterarie, di tale opera e, per chi scrive, restando all'ambito filmico, si possono ravvisare come emuli Max Ophuls per i temi toccati, Renoir per l'ambientazione, che rimanda chiaramente a 'La regola del gioco', anche se a Bergman la componente interclassista interessa poco o nulla, e Ernst Lubitsch per la costruzione delle singole scene, con vere e proprie entrate ed uscite di scena degli attori come succede nei suoi film.
Attori da lodare in blocco e smagliante fotografia in bianco e nero di Gunnar Fischer ed unici rammarichi alcune voci femminili del doppiaggio (Lydia Simoneschi per Eva Dahlbeck e Rosetta Calavetta per Harriet Andersson), a dir poco fastidiose.
Voto: 8,5.
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