Regia di Ingmar Bergman vedi scheda film
Un’estate d’amore sembra anticipare, per certi versi, Monica e il desiderio, se non nella cornice, nel lungo flashback che occupa ininterrottamente tutta la parte centrale del film. Vi si respira la stessa aria panica, quasi di panteismo spinoziano o di atomismo democriteo: sulla riva del mare, la protagonista dice pressappoco: «vorrei esplodere e spandermi nell’aria». Cominciano ad essere presenti, comunque, alcuni degli elementi ricorrenti nel futuro cinema di Bergman, quali le fragole come espressione delle dolcezze della vita (v. Il settimo sigillo e Il posto delle fragole), il tema dell’acqua, qui inquadrata spesso a pelo, in tutta la sua calma, e gli specchi, la cui presenza non è dettata soltanto dall’ambientazione di parte del film nei camerini del teatro. L’impressione è che tutto il film sia costruito in funzione del flashback, più che sulla mediocre storia d’amore della protagonista con il giovane giornalista (Alf Kjellin), dopo la squallida relazione con lo “zio” Erland (Georg Funkquist). La differenza principale con Monica e il desiderio è, qui, la presenza di un’attrice corretta ma priva di guizzi come Maj-Britt Nilsson (1924-2006), al posto di una vera forza della natura come Harriett Andersson (1932).
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