Regia di Ingmar Bergman vedi scheda film
Un pastore deve affrontare una crisi spirituale e personale. Mentre la fede in Dio vacilla, egli sente svanire l’amore per la vita e per gli esseri umani. Dopo la morte della moglie avvenuta qualche anno prima, il pastore sente, a sua volta, di essere morto e rifiuta come noioso e insignificante l’amore di un’altra donna che vorrebbe sposarlo a tutti i costi. Asciutto di sentimenti, assillato da un fastidioso raffreddore, non riesce a offrire nemmeno un po’ di conforto a un uomo in crisi che, di lì a poco, finirà per suicidarsi.
Opera di Bergman stilata in un rigoroso bianco e nero, che pone molte domande, quelle con la d maiuscola, e non si azzarda ad offrire nemmeno mezza risposta. Pochi scenari in esterno, dialoghi teatrali che mostrano esseri umani in primo piano, indifesi di fronte alla crudeltà della vita. Nonostante l’assenza di azione, il film si guarda con passione e senza un briciolo di noia: da gustare come un trattato filosofico per immagini.
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