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Il volto

Regia di Ingmar Bergman vedi scheda film

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La recensione su Il volto

di cheftony
8 stelle

"Anche voi siete un attore? Perché vi siete truccato, allora? Avete la barba finta e le sopracciglia e i capelli sono tinti. Siete un malvivente, che celate così il vostro vero volto?"

Nella Svezia della metà dell'800 viaggia la carrozza di una compagnia di spettacolo, composta dall'illusionista dottor Vogler (Max Von Sydow), muto e sostenitore del discusso mesmerismo, dalla moglie Manda (Ingrid Thulin), truccata da ragazzo, da una spaventosa vecchietta (Naima Wifstrand) e da un intrattenitore, di nome Tubal (Åke Fridell).
Dopo aver soccorso inutilmente un poveraccio (Bengt Ekerot) ormai morente nella boscaglia, il viaggio della compagnia viene interrotto su ordine della polizia e scortato fino ad un palazzo, dove sono presenti ad accoglierla un console, il capo della polizia Starbeck (Toivo Pawlo) e il medico Vergerus (Gunnar Björnstrand). Vergerus è molto scettico sulle capacità ipnotiche del dottor Vogler e ingaggia con lui una specie di sfida, mentre, durante la serata, il resto della compagnia fa conoscenza con la servitù del palazzo vendendole filtri d'amore e fasulle amenità varie.
Dopo una giornata di reciproci scherni fra le due "fazioni", la notte successiva Vogler si finge morto dopo una colluttazione e, servendosi del cadavere del pover'uomo trovato durante il viaggio, si fa sostituire per l'autopsia e ne approfitta per terrorizzare Vergerus col suo vero volto...

Il volto è un film molto particolare di Ingmar Bergman, difficile da includere in un genere, visto che oscilla fra il dramma, la commedia e l'allegoria. Temi centrali del film sono il rapporto fra il noto e l'ignoto, fra scienza e trucchetti di magia, fra seria austerità e lo spensierato spettacolo, senza tuttavia una presa di posizione netta da parte del maestro svedese; ogni personaggio o quasi racchiude in sé qualcosa di negativo (ad eccezione della servetta Sara e del cocchiere Simson), forse perché ognuno sempre chiuso nella propria posizione assolutista e mai in cerca di un compromesso. Bergman sembra comunque avere un occhio di riguardo per gli illusionisti, proprio perché rappresentanti della grande arte illusionista che è il cinema, costretto talvolta a far fronte allo sminuire della piccola magia che porta con sé.
Il bianco e nero è ravvivato da ottime scelte per le luci, gli attori, quasi tutti feticci di Bergman, sono bravi e convincenti, la trama si segue con piacere in attesa degli splendidi 20 minuti finali, fra un occhio nel calamaio e figure misteriose nello specchio, a coronare il piccolo quanto provvisorio trionfo di un'illusione che riesce ad essere tale senza artifici a coprire il volto di chi la esegue.

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