Regia di Ingmar Bergman vedi scheda film
Il sosia, l'identità, la fiducia e l'inganno, la finzione e la realtà, l'occulto, lo spiritismo, le fobie irrazionali: tutti temi cari a Bergman, che nel Volto la fanno da padrone. La parabola dell'illusionista Vogler, un povero vincente e in quanto tale figura abbastanza rara nell'opera del regista svedese, passa attraverso le più comuni ansie e fobie umane con un tono scettico che non sminuisce comunque il risultato del trucco: ma si tratta pur sempre di un trucco e questo è proprio ciò che accresce il fascino della rappresentazione. In ciò, evidente è il parallelo con la 'lanterna magica' e quindi con il cinema. Il doppio e lo scambio di persona, già di per sè palese allegoria del teatro, viene qui inoltre praticato fra un illusionista ed un attore; ironica e al tempo stesso terrificante la figura della nonna, vivissima per tutto il film la sensazione di disagio e di contatto con il soprannaturale.
1846, l'illusionista Vogler è chiamato dalla polizia a dimostrare che i suoi 'esperimenti' seguono criteri scientifici e non sono semplici trucchi; trattato con superficialità e deriso, Vogler approfitta del cadavere di un alcolizzato raccolto per strada morente e lo spaccia per il proprio. Può così terrorizzare il medico che sta operando l'autopsia del finto Vogler apparendogli come fantasma; oltre all'umiliazione, arriva la vera rivincita con la richiesta da parte del re di eseguire i suoi numeri a palazzo.
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