Regia di Ingmar Bergman vedi scheda film
bergman va visto e rivisto di tanto in tanto, chè male non fa. natura e spiritualità, bene e male, uomo e donna, sano e malato, amore e dio, il tutto per cercare un motivo che renda valido stare al mondo. talmente potente da sembrare un horror. ...ERA SOLO UN RAGNO.... il terrore e la delusione.
su un'isola della svezia, un nucleo familiare si ritrova nella casa estiva. un padre i due figli e il marito di lei.
sembra una tranquilla riunione, i 4 escono dalle acque del mare ridendo e scherzando e dividendosi i compiti per preparare la cena.
questa la scena della tragedia. i protagonisti sono un padre scrittore che ambisce alla gloria, in perenne esilio per il mondo a parlare di sè e delle proprie opere; una figlia schizofrenica appena uscita dalla clinica che apparentemente sta bene, ma è in evidente calma prima della tempesta; il marito medico che tenta approcci sessuali, insistendo a chiamarla la sua piccola bambina, e venendone costantemente allontanato, e il figlio/fratello con evidenti disturbi nei confronti del femminino, dati da un'attrazione incestuosa verso la sorella, e una terribile soggezione nei confronti del padre da cui si sente allontanato e giudicato.
tutti sono in ostaggio della malattia della donna, vera e propria spada di damocle su quel nucleo familiare, monco della figura materna.
isolati dal resto del mondo, costretti a fare i conti con la terribile realtà, affrontando la malattia degenerativa della donna, i tre uomini devono giungere ad un confronto speculare con se stessi.
la disperazione è tangibile.
karin è consapevole del proprio male e dice che i suoi sensi si sono acuiti a causa di essa. la natura e gli animali hanno cominciato ad assumere un significato di minaccia e una voce la porta ad isolarsi nella mansarda diroccata dove dietro uno stipite dice di attendere la venuta di DIO. la stessa voce la porta a frugare nei cassetti della scrivania paterna e a leggere le pagine del suo diario in cui scrive dell'irreversibilità della malattia e della sua tremenda fascinazione nell'appuntarne i sintomi e di sfruttarla per i suoi romanzi.
il padre dal canto suo si sta rendendo pienamente conto che dalla morte della moglie non fa altro che fuggire dall'isola e dai figli nella costante ricerca di un'alternativa all'ineluttabile realtà.
non sa nulla di loro, regala sempre le stesse cose e addirittura alla figlia regala un paio di calze troppo corte per la sua età.
come se avesse saltato a piè pari anni della loro vita si ritrova a fronteggiare la schizofrenia della figlia e un figlio con un potente disagio nei confronti del femminino, reso più forte dall'attaccamento fisico che le riserva la sorella.
di contro il marito, totalmente impotente nei confronti della malattia della moglie, la tratta in modo ossessiva come una bambina, cercandone l'intimità sessuale che lei rifiuta, in favore di un avvento divino di lì a venire.
ed è la donna e la sua malattia a far esplodere quella pantomima familiare in una realtà devastante, dalla quale tutti cercano di fuggire inutilmente.
stravolta nella carne e nella mente, karin prima di partire definitivamente per la clinica si reca nella soffitta chiamata dalla voce che solo lei sente, e talmente suggestionati dalla carica emotiva creata da bergman con tutti i mezzi finzionali a sua disposizione, vediamo aprirsi la porta dello stipite fisicamente e poi vediamo mentalmente insieme a karin ciò che lei bramava, ma che poi la fa retrocedere terrorizzata e disgustata.
"amore e dio come unico conforto alle miserie umane" dice il padre al figlio felice che il padre gli abbia parlato.
peccato che karin abbia visto Dio come un ragno nero che tentava di possederla camminandole addosso e che lei è riuscita a levarsi di dosso, perdendo del tutto la sanità.
HO VISTO DIO, MA ERA SOLO UN RAGNO(continuavo a vedere POSSESSION di zulawski nel vedere questo bergman)
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