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Come in uno specchio

Regia di Ingmar Bergman vedi scheda film

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Carlo Ceruti

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La recensione su Come in uno specchio

di Carlo Ceruti
10 stelle

Nonostante vi siano solo quattro personaggi, non duri nemmeno novanta minuti e sia interamente ambientato in un’isoletta, è uno dei film più complessi che abbia mai visto e si presta a molteplici interpretazioni. Come il suo titolo del resto.
“Come in uno specchio” perché, come dice Paolo Tarso, non conosciamo ancora la verità e la vediamo confusa, come in uno specchio appunto. “Come in uno specchio” perché i personaggi, rimasti lì soli con sé stessi e le loro contraddizioni, hanno finalmente la capacità di fare autocritica e di potersi davvero guardare in faccia. Lo sa bene lo scrittore, che è costretto a fare i conti con il suo ego, con il suo bieco individualismo, con la sua vacuità, con la consapevolezza di scrivere solo per avere fama e ricchezza, con il fatto d’utilizzare la figlia malata solo per realizzare qualcosa d’interessante, di sentirsi a disagio quando scopre che il figlio ha talento, ma in fondo è un uomo che non riesce a dare un senso alla vita, che non riesce a trovare risposte ed è in cerca di ogni appiglio possibile per restare ancorato ad essa, come spiega nel finale. Poi c’è suo genero, uomo apparentemente meno riflessivo e meno sensibile, ma che usa questa “superficialità” solo per non riflettere sulle condizioni della moglie malata e per negare a sé stesso il desiderio che ella muoia. C’è poi la donna, una ragazza amorevole ma malata di mente, che pian piano sprofonda nell’abisso. Sente le voci ed afferma d’aver incontrato Dio. Ma è davvero malata? O sta compiendo un viaggio mistico? Forse sta attraversando i confini del razionale per avventurarsi nell’oscuro regno dell’irrazionalità, dell’ignoto, dell’aldilà. Forse la sua saggezza è tale da farle portare la mente oltre ciò che conosciamo e per questo la vediamo come malata. È ritenuta pazza perché non guarda più il mondo come gli altri, col pensiero razionale, ma sta cambiando visione e riesce a vedere le forze oscure che dominano il destino. È perfettamente sana forse, ma la sua mente non si adatta più al modo di vedere degli altri. Sono assolutamente inquietanti i suoi sguardi, i suoi pensieri, le sue urla ed anche le sue parole e ciò contrasta magnificamente con la sua naturale dolcezza. Se ne accorge persino suo fratello, scrittore dilettante ed insicuro che si sente in competizione col padre. Egli compie assieme a lei un piccolo passo fuori dalla realtà ed ora pare rendersi conto della piccolezza dell’esistenza. Infine c’è l’isola, che è forse il personaggio più importante. È il posto dove i personaggi possono venire a contatto con la loro coscienza, con i loro diversi modi di guardare alla vita e dove possono finalmente guardare allo specchio loro stessi e ciò che hanno intorno. L’isola è una fuga dalla realtà che li riconduce ai loro pensieri più intimi. È un tentativo di scappare fallimentare perché non fa altro che chiuderli nella morsa della ragione e dell’autocritica.




Come sempre le domande a cui Bergman ci pone di fronte sono molteplici. La donna è veramente pazza? In primis. Ed in meno di 90 minuti il regista ci mostra ancora quanto variegata, oscura ed interpretabile possa essere l’esistenza umana e come non esistano risposte certe ad essa. E nel magnifico finale non fa altro che dirci d’attaccarci a quelle poche cose certe del mondo che conosciamo bene ed a cui possiamo dare una spiegazione e di aggrapparci con tutta l’anima alle cose belle della vita, per restare attaccati ad essa, alla realtà e “non impazzire”. Perché, purtroppo, se Dio esiste o se la vita ha un senso assoluto, non lo sapremo mai. Capolavoro.
Tabellino dei punteggi di Film Tv ritmo:2 impegno:3 tensione:2

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