Regia di Ingmar Bergman vedi scheda film
L’incomprensione nasce quando ognuno decide di tenere per sé la propria fragilità. Indossare uno schermo protettivo significa oscurare una parte di sé, sottraendo luce alla sincerità e superficie di contatto all’amore. Noi siamo tanto più restii ad aprirci quanto più siamo impegnati ad inseguire le nostre ambizioni: nel far ciò dimentichiamo che un percorso solitario può essere, tutt’al più, un divenire, ma, senza un confronto con l’esterno, non potrà mai essere una crescita. La deriva allucinatoria di Karin è l’esempio estremo che dimostra come l’autoreferenzialità sia un’inarrestabile fuga verso la follia: un processo di alienazione che prevede come uniche vie di sfogo gli eccessi di una curiosità sfrenata e morbosa. I due mondi tra i quali la sua anima è combattuta sono, da un lato, una trascendenza visionaria, che guarda attraverso i muri, dall’altro, una smaniosa aderenza alla realtà sensibile, che spalanca porte, finestre e cassetti per scoprire segreti proibiti ed irraggiungibili. Al centro di questa lotta interiore compare la figura di un Dio di natura squisitamente umana, quindi idealmente impastato di bontà, ma che, però, al contrario, può risultare finanche mostruoso, perché è comunque plasmato secondo l’instabile forma dei nostri pensieri. È in Lui che si compie il senso della vita, perché la sua essenza proteiforme suggella l’eternità di un mistero, di un quia perennemente sfuggente. Nel contempo, la sua mutevolezza ci costringe ad uno sforzo costante per impedirle di generare in incubo, in idolo, in fantoccio e per mantenerla, invece, entro i salutari confini del bene universale; è l’amore concreto ed operoso ad ancorare quello spettro al suolo, trasformandolo in un’icona vivente che incarna la speranza. Come in uno specchio propone questa accezione laica della divinità, che parte dalla mente e si traduce in gesti, valori, sentimenti e, non diversamente da quanto avviene sul versante religioso, è un’idea ossessiva che ci richiede, pressantemente, di continuare, con fermezza, a credere.
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