Regia di Danny DeVito vedi scheda film
Nel 1989 “La guerra dei Roses” fu un buon successo a livello internazionale, forse anche perché riproponeva il terzetto Michael Douglas/Kathleen Turner/Danny De Vito che già aveva brillato nell’avventuroso “All’inseguimento della pietra verde” e nel seguito “Il gioiello del Nilo”. Tuttavia, rispetto ai film precedenti questa Guerra dei Roses è una commedia nera molto più cattiva che De Vito dirige con buona verve, descrivendoci un matrimonio che col passare degli anni si tramuta in un inferno, dove la posta in gioco è il possesso di una casa lussuosa, da cui né Oliver né Barbara Rose vogliono staccarsi nonostante la fine del loro legame. I personaggi non scadono quasi mai nella caricatura nonostante il prevalere di umori acidi e sulfurei nella sceneggiatura di Michael Leeson, che non lesina situazioni estreme soprattutto nella seconda parte. Il gioco è forse un po’ tirato per le lunghe su quasi due ore di proiezione, in qualche momento può sembrare un po’ gratuito, ma il ritratto di una coppia in crisi che sfoga nell’odio reciproco la propria frustrazione ha una sua aderenza alla realtà che cancella il sospetto di futilità. De Vito come regista se la cava con buona competenza, sfoggia inquadrature con riprese dal basso piuttosto azzardate, dirige gli attori con sicurezza: se il film si guarda con interesse molto del merito è di Michael Douglas e Kathleen Turner, allora ancora nel fiore degli anni e delle rispettive carriere, convincenti anche nella voluta esasperazione delle rispettive caratterizzazioni. Finale da non rivelare, piuttosto coraggioso nel suo anticonformismo. La misoginia è contenuta in limiti accettabili, alcune trovate visive sono degne di nota: certo non stiamo parlando di un classico, però è una black comedy il cui titolo in alcune zone è addirittura passato in proverbio e che si rivede senza annoiarsi.
Voto 7/10
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