Regia di Otar Ioseliani vedi scheda film
Un’anziana muore e lascia in eredità la sua villa e le sue ricchezze alla sorella, che vende tutto a dei giapponesi.
Difficile, francamente difficile arrivare in fondo alla visione di Caccia alle farfalle senza chiedersi ‘perché?’. Al di là del ritmo a dir poco sonnolento – nelle due ore di durata del film, l’azione è molto scarsa e i dialoghi quasi mai significativi – c’è un lavoro perennemente in bilico fra ironia e malinconia che racconta con toni sbalorditi cose normalissime: gli anziani conservatori se ne vanno al creatore, a sostituirli ci pensano – in mancanza di eredi diretti – gli immigrati. Certo, nel 1992 in cui questa pellicola esce il tema del melting pot culturale poteva essere ancora all’avanguardia per un certo tipo di cinema, eppure l’argomento non era certo fantasioso e neppure inavvertito a quel momento, anzi: Caccia alle farfalle sembra insomma un (bel) film attorno a qualche banalità. Ineccepibili sono infatti la raffinatezza della confezione, la validità degli interpreti e la vivacità dello sguardo di Otar Iosseliani, regista e sceneggiatore del lavoro; ma nonostante la notevole riuscita formale, il film si impantana molto presto nella flebile consistenza dei suoi contenuti, presumibilmente cari in maniera particolare a Iosseliani in quanto emigrato georgiano in Francia. Prodotta dalla Rai, l’opera vincerà a Venezia un paio di premi minori (CICAE e SNGCI). 5/10.
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