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Caccia alle farfalle

Regia di Otar Ioseliani vedi scheda film

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La recensione su Caccia alle farfalle

di luisasalvi
6 stelle

Una successione di immagini molto gradevoli, spesso condotte con il solito tono documentaristico caro al regista, ma per descrivere realtà assurde, inverosimili, o comunque denunciate come tali in molti dettagli, e nella più totale indifferenza per la verosimiglianza del racconto: due cugine che convivono da anni, quella ricca sempre servita e amministrata dall’altra, morendo non lascia nulla a lei e tutto ad una sorella emigrata in Russia mezzo secolo prima e che vive poveramente in una stanza di un appartamento in coabitazione. Giusto per raccontare un confronto, e inserire derisioni sulla situazione russa. Il che non è un difetto, sia ben chiaro: si tratta di caratteristiche da evidenziare per capire il  regista. Il quale si compiace sempre molto delle belle immagini, delle situazioni paradossali che contrastano con lo stile con cui le racconta, e della sistematica, feroce, ma quasi allegra, critica alla società umana, a qualunque società umana: non si tratta affatto di criticare il presente a favore del passato, come molti critici affermano, come non era lode del mondo “idillico” della tribù di Un incendio visto da lontano; travisamenti forse suggeriti dallo stesso regista, secondo cui il film esprimerebbe “il sentimento di una perdita irreparabile”; ma forse si riferisce alla perdita del Paradiso terrestre, avvenuta all’inizio dell’umanità, con la nascita dell’uomo: la vita delle due vecchie è irreale quanto quella del villaggio africano destinato a scomparire: Solange, la cugina amministratrice (la proprietaria è bloccata sulla sedia a rotelle) va in giro in bici a fare la spesa, pesca pesci con l’arco, gioca a petanque, suona nella banda del paese ed altre simili piacevolezze. Alla fine i giapponesi la spuntano, comprano il castello che ospiterà altri giapponesi che vengono e si comportano proprio come facevano i vecchi proprietari, a fare la stessa spesa in bici allo stesso mercato; i russi ospiti della sorella arricchita si comportano come facevano nell’appartamento condiviso, e come i parenti “nobili” dei vecchi proprietari: tutti briganti, briganti, appunto, come esplicitamente dice il regista in un altro film. Ma lo dice sempre con più compostezza che grinta, con più intelletto (non intelligenza) che cuore, con più stile che arte. Tipica la presenza di “fantasmi”, come sono presentati di solito, che sono essenzialmente ricordi, fantasmi del passato, che si manifestano soprattutto quando l’anziana proprietaria sta per morire: lei evoca il suo antico amore morto in duello, ne condivide la sigaretta posata dal fantasma di lui nel posacenere dove lei la prende; forse ha incominciato a fumare, lei, in ricordo di lui, e ora fuma molto. L’episodio vuole essere tenero e commovente, ma il compiacimento visivo e la prevalenza intellettuale lo raffreddano fortemente, senza peraltro suggerire una sensazione diversa, un diverso sapore, di gioco o di ironia; o almeno in non lo vedo, come non lo vedo in generale nei suoi film. E’ vero che non li ho studiati abbastanza, e forse facendolo li apprezzerei di più; ma nessuna critica elogiativa suggerisce un modo di leggere più favorevole, anzi… Diciamo dunque che, come spesso in queste mie letture troppo poco approfondite, la critica (quando c’è) è rivolta soprattutto ai critici; quanto al regista o ai film mi limito a dire che non vi riconosco i segni della grande arte.

La radio o la televisione danno sempre notizie disastrose, di violenze o attentati o incidenti, che le due vecchie non ascoltano neppure o ascoltano con indifferenza. Il prete ubriacone, i vicini invadenti, i parenti avidi e litigiosi, tutto fa parte del mondo antico certamente non rimpianto; nulla fa pensare che il regista rimpianga quel mondo; certo, descrive un cambio di cultura, ma lo descrive, appunto, come un cambio apparente in una continuità sostanziale, come in Briganti. Proprio questo è il suo tema costante: l’illusorietà di ogni mondo diverso, sognato o evocato, nel lontano passato o in lontani paesi.

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