Regia di Marco Ferreri vedi scheda film
Un film nel complesso deludente, purtroppo, nonostante fosse senza dubbio invitante, per il cast e per la critica forte e fine che pone all’istituzione vaticana.
Il Vaticano fa qui una pessima figura: luogo dell’occultamento alla verità proprio mentre si pone come alfiere della verità stessa; luogo dell’insabbiamento di ogni problema; luogo dell’ostacolo a una ricerca personale, sana e libera. Va detto che, in via metaforica, il film rende benissimo questo aspetto, che storicamente è ed è stato sempre vero. La burocrazia vaticana, così esperta e attenta, appare micidiale nello scoraggiare ogni sforzo di semplicità e autenticità.
Ma il giudizio non arriva alla sufficienza per questo fatto: c’è troppa confusione. Ciò è dovuto alla contorsione della sceneggiatura. Ferreri qui si compiace di voler far credere chissà quali cose, quando forse non le aveva in testa chiare neppure lui e il collega Azcona. Non basta avere le migliori intenzioni, se poi non le si sa esprimere, se non tramite trovate balzane (anche se era accettata dopo il ’68 questa provocatorietà, che però qui più che altro copre la mancanza di idee valide). Non sapendosi cosa dire, la noia è spesso protagonista. A ciò si aggiunge la scarsa credibilità della trama. A tal proposito, proprio non si capisce la coerenza del protagonista: in certi casi dal personaggio di Jannacci ci si sarebbero aspettate cose ben diverse.
Il cast è eccezionale. Tognazzi, Gassman, la Cardinale, più altri bravissimi attori vi recitano bene: ma ciascuno vi è costretto, e sacrificato, dalla innaturalezza della trama. Jannacci poi non recita bene: non è colpa sua, non è quello il suo mestiere. È colpa di chi gli ha dato la parte, per di più quella del protagonista.
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