Regia di René Clément vedi scheda film
"Che gioia vivere!", titolo abbastanza insolito nella filmografia di René Clément, ha la grazia di un apologo sottilmente sarcastico dove la parola libertàè centrale, dentro a una storia piena di tagliente ironia che colloca il racconto negli anni della presa del potere da parte di Mussolini (e del conseguente inizio della dittatura fascista) che sta purtroppo privando quella parola del suo significato più profondo.
Di fatto dunque la vicenda sarebbe drammatica, ma il tono scelto dal regista, è volutamente leggero (quasi farsesco) ed è forse proprio questo che stona un poco e fece meritare al film alla sua uscita in sala nel 1961, critiche molto più severe del dovuto (forse sarà troppo innoquo ed annacquato politicamente parlando ma nel suo insieme, a me sembra comunque godibile e accattivante nonostante tutto, e soprattutto sorretto da una eccellente, costante e raffinatissima tenuta comica lucida e controllata che evita ogni concessione alla volgarità).
Scritto da Piero de Bernardi e Leo Benvenuti ai quali si deve la stesura della scenggiatura, il film (che è una coproduzione franco-italiana) si avvale dei dialoghi di tale Pierre Bost (qualcuno si ricorderà che si tratta di un autore davvero poco amato da Truffaut perchè appartenente alla vecchia guardia legata a una tradizione obsoleta e da avversare come tutto il cosidetto "cinema di papà" che i registi della Nouvelle Vague detestavano con tutte le loro forze e che provavano a rifondare dalla radice, altro emento che sicuramente contribuì a far storcere la bocca a una parte degli intellettuali più schierati). Con un prologo ambientato nel 1921 e una successiva azione nella Roma del 1922, narra l'iniziazione alla vita di un giovane orfano senza ideali, Ulisse (deliziosamente reso da un giovanissimo Alain Delon candido ed efficace) che finge una fede politica che non ha, per poter così essere accolto nella famiglia del tipografo anarchico Fossati (un efficace, spassosissimo Gino Cervi) e che per amore di sua figlia, si lascia perseguitare da un fascismo al quale aveva invece cercato di aderire in prima istanza, subendo prima il carcere, e poi il pestaggio ad oepra delle camice nere e mettendo così in moto un divertente gioco degli equivoci.
Con echi che rimandano al cinema muto e allo slapstick (ma che fanno pensare anche a Escher e Piranesi) Clément sembra particolarmente a suo agio nel mettere in sceana le (dis)avventure del baldanzoso Ulisse che sconvolgono un poco la vivacissima umanità di una famiglia italiana assediata (e vessata) dal bieco opportunismo della piccola e media borghesia già convertitasi (anche "servilmente") al fascismo, non solo bonariamente anticonformista, ma anche portatrice di un'idea politica orienta al diritto e alla libertà, due concett i ormai messi in forte discussione. Ovviamente alla fine tutti i salmi finiranno in gloria, trattandosi di una commedia, ma per arrivare alla felice conclusione, il percorso si presenterà particolarmente accidentato e zeppo di godibili imprevisti (che rimandano, come ho già anticipato prina, al glorioso filone del teatro degli equivoci).
Il cast è davvero quello delle grandi occasioni e annovera, accanto ai già citati Delon e Cervi, Barbara Lass, bionda meteora che come attrice ha lasciato davvero poche tracce di sé e che è ricordata soprattutto per essere stata - in quegli anni - la moglie di Polanski, e ancora un impagabile Ugo Tognazzi nel ruolo di un anarchico, Carlo Pisacane (in arte Capannelle), Tiberio Murgia, Rina Morelli, Paolo Stoppa, Aroldo Tieri, Didi Perego, Gastone Moschin, Leopoldo Trieste, Rosalba Neri, Annibale Ninchi, Nanda Primavera, Enzo Maggio, Fanfulla, Donatella Turri, Nando Bruno e Giampiero Littera.
Fondamentale l'ottimo apporto di Henri Decae efficace direttore della fografia che definisce splendidamente i contorni dell'epoca di riferimento rendendola visivamente accattivante e resa magnifica da un contrastato, impagabile bianco e nero.
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