Regia di Emanuele Scaringi vedi scheda film
Fino a qualche decennio fa i maestri del pensiero di chiamavano Alberto Arbasino, Italo Calvino, Umberto Eco, Alberto Moravia, Pier Paolo Pasolini, Leonardo Sciascia. Oggi si chiamano Maurizio Crozza, Roberto Saviano e Zerocalcare, al secolo Michele Rech. Così come una volta i fumetti si chiamavano fumetti e non graphic novel, con intollerabile magniloquenza. È proprio da Zerocalcare che esce uno dei film più insulsi dell'ultimo decennio, una di quelle opere che non possono neppure avvalersi - come nel caso di altri filmacci come L'arbitro o I peggiori - di un'efficace estetica da videoclip che per lo meno salva qualcosa sul piano della forma. Qui siamo di fronte al delirio totale, alla rappresentazione bislacca di una generazione per la quale l'ingresso nell'età adulta è segnato dai tragici fatti di Genova del 2001 e che non vede un futuro professionale possibile, dovendosi arrabattare tra ambizioni artistiche, lavori in Co.Co.Co e ripetizioni private. Su una trama sconnessa che racconta il quotidiano di Zero (Liberati, già protagonista di Cuori puri), 27enne che vive nel quartiere periferico romano di Rebibbia insieme a un gigantesco armadillo (impersonato da Valerio Aprea) che è il suo alter-ego, si innesta una sottotrama legata alla perdita di una ex compagna di scuola di origini francesi, vissuta assieme al suo compagno di scorribande notturne Secco (Castellitto junior), forse l'elemento meno peggio del film. Dialoghi ampollosi a suon di frasi sentenziose, recitazione a zero, riprese meno che banali sono gli addendi di un film che ha avuto anche notevoli difficoltà produttive, passando dalle mani di Valerio Mastandrea, che dopo avere contribuito alla sceneggiatura ha abbandonato il progetto, a quelle di Emanuele Scaringi, che è riuscito nell'impresa di portare al disconoscimento dell'opera da parte dello stesso Zerocalcare.
Il cameo con Adriano Panatta è l'unica cosa da salvare.
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