Regia di Emanuele Scaringi vedi scheda film
VENEZIA 75 - ORIZZONTI
La voce della coscienza, quel grillo parlante, anzi spesso sussurrante a livello istintivo, che giunge spesso in nostro soccorso laddove l'istinto ci spinge ad agire più con le azioni, che con la lungimiranza di una saggezza che non abbiamo o teniamo troppo poco a disposizione, è un po' la voce critica che ci servirebbe per trarre bilanci e conclusioni, quando la vita ci scorre davanti inerte e senza alcuna analisi critica in grado di raddrizzare percorsi deviati o sbandati da imprevisti e altri ostacoli.
Zero non è più un ragazzino e ha testa, predisposizione e talento per trovarla, una sua strada; tuttavia, la necessità di un quieto vivere e quella innata, indolente ironia di fondo che prevale tra gli istinti del proprio modo di porsi e scegliere un imminente futuro, gli impediscono di sfondare in ciò per cui è più portato: il disegno, l'arte grafica in tutte le sue molteplici varianti e deformazioni.
La notizia tragica che la sua grande amica francese, la fidanzatina mancata ma sempre desiderata, è morta dopo una grave malattia a breve decorso, lo spinge a riflettere seriamente per uscire da questo indolente torpore che lo domina e rende succube.
Forte dello scanzonato, prezioso conforto del suo amico di sempre, il maldestro Secco, e l'armadillo in cui abita e da qualche tempo si esprime, sempre più con invadenza, il proprio senso autocritico per troppo tempo in stato di letargo, Zero proverà ad imboccare la tortuosa strada diretta a raggiungere la propria affermazione e realizzazione, non solo professionale, mettendo per una volta da parte l'indolente ironia e il malsano quieto vivere con cui il ragazzo si è crogiolato per quasi tre decenni di vita.
Da una notissima graphic novel di Zerocalcare, il regista Emanuele Scaringi ricava un film dal ritmo brillante, che cerca di non perdere lo stile stralunato e schietto del fumetto da cui deriva.
Puntando a tal fine sull'ironia compassata da borgata assopita e un po' demotivata, raccontando con brio un processo di tarda formazione tra l'indolenza generalizzata e l'ironia scanzonata di una capitale romana felicemente rilassata su se stessa, incapace di reagire al suo lento inesorabile sprofondare.
Nulla di nuovo, e non in quanto trasposizione di opera gia' scritta (e disegnata) su carta: le tematiche sono sempre un po' le stesse, quelle di giovani eroi di tutti i giorni come Jack Frusciante quasi un ventennio fa, e di tutti i suoi colleghi più o meno famosi.
Funziona benino il cast, soprattutto per quanto riguarda i due protagonisti, ben resi dai giovani promettente Simone Liberati di Cuori puri (quant'anche qui un po' tanto gigione) e soprattutto Pietro Castellitto, l'indolenza impersonificata nello stile più divertente ed ironico, da vero personaggio da fumetti a partire dal fisico tutto aguzzo, dal volto irregolare ma interessante, fotogenico, irresistibile; ma è la voce di Valerio Aprea, costretto a celarsi nello scafandro kitch ed ingombrante dell'armadillo coscienzioso, il vero salvavita di un profetto di trasposizione per nulla scontato ed elementare, che soffre un po' troppo di riflesso nei confronti di capostipiti sin troppo illustri e inimitabili, ad opera di colleghi registi un po' impegnativi da cercare di eguagliare, tipo Danny Boyle and co.
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