Regia di Emanuele Scaringi vedi scheda film
Si salva l'armadillo. Un Valerio Aprea goffo di gommapiuma, che grillaparlanteggia al comunque già sufficientemente saggio e promettente disegnatore, Zero (un discreto Silvano Liberati, anche se spesso costretto in aforismi forzati).
Peccato perché in qualità di coscienza super partes, avrei detto due paroline al regista, agli sceneggiatori (tra cui Zerocalcare), ai produttori, a quella macchietta guardabile giusto due minuti di “doppio figlio d'arte” di Castellitto e Mazzantini, a chi pretende di ammantare di nuovo un film che nasce vecchio, si trascina vecchio, con le problematiche adolescenziali, il distacco Roma nord- Roma sud, le lagne madre-figlio, quel vagare indolente, le scaramucce con chi capita, il lavoro che non c'è, le festicciole di una volta e rave di adesso, gli spritz al centro con soggetti che neanche a disegnarli davvero sarebbero così insulsi.
E lo “zero calcare” preteso dalla Morante sul lavandino del figlio, resta quasi l'unica traccia approfondita di questa autobiografia scricchiolante.
Sotto le amorevoli cure del ruspante Makkox, Zerocalcare gestisce ad arte, ormai, la graphic novel, perché approfittarsene con lo spettatore che capita al cinema e non vede l'ora di uscirne, perché dico io?
Certe trasposizioni non funzionano, o magari non funzionano messe in mano a chi non ne avverte poesia e leggerezza.
A tratti urticante, come lo spray che si spara in faccia Castellitto junior, altre indisponente, come le cartoline della Roma periferica, sfruttate da una vita.
Dice bene Panatta in uno spigliato cameo (su quello della Pandolfi stenderei un armadillo vivo, invece): manca l'armonia di una volée, quel “puff” della palla colpita morbida che gonfia la traiettoria di aspettative.
Qui invece è il film che fa “puff”, ma è il puff di un palloncino sgonfiato che sbraga nella sabbia del déjà vu.
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