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Gli strangolatori di Bombay

Regia di Terence Fisher vedi scheda film

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La recensione su Gli strangolatori di Bombay

di Donapinto
5 stelle

Nell'India colonizzata dall'impero Britannico del XIX secolo, la scomparsa di carovane di merci e dei relativi mercanti indigeni, insospettiscono il capitano inglese Harry Lewis, che indaga per conto proprio, vista l'incompetenza dei suoi superiori. Scoprirà che i responsabili sono una misteriosa setta segreta di assassini adoratori di una divinità pagana.                                                                     Nel suo periodo di maggior splendore, la britannica Hammer si concede un'incursione nel cinema esotico d'avventura a carattere storico e dalle chiarissime atmosfere Salgariane. Dirige lo specialista e talentuoso (quando voleva) Terence Fisher, che non disdegna in particolari raccapriccianti quali torture, accecamenti e una mano mozzata, tanto per far ricordare allo spettatore che si tratta di una produzione Hammer. Nel film compaiono i Thugs, setta di assassini realmente esistita nell'India del XIX secolo, dedita al brigantaggio e all'omicidio (anche su commissione) tramite strangolamento, adoratori della dea Kali' e che godevano (come mostra anche il film) di protezioni altolocate. Arrivarono (come mostra la didascalia finale) a mietere oltre un milione di vittime innocenti. Il film, se si apprezza il genere e certe letture di classici d'avventura come I MISTERI DELLA GIUNGLA NERA, può risultare anche ben godibile. Purtroppo come capita spesso a produzioni di questo tipo e allo stesso Fisher, sembra che il tutto sia stato realizzato in fretta e furia, oltre che con il consueto bassissimo budget. Sceneggiatura frettolosa e personaggi stereotipati, schematici, ma anche inattendibili, come il giovane thug che si converte e aiuta il protagonista a sconfiggere la setta. Lo stesso protagonista (Guy Rolfe) non esce dagli schemi dell'eroe senza macchia e senza paura, che praticamente da solo neutralizza tutti i thugs e i suoi insospettabili sostenitori. Ancor più scontati i personaggi dei due restanti ufficiali inglesi: il colonnello Henderson che sembri non contare assolutamente nulla e l'antipaticissimo maggiore Smith che ha fatto carriera solo grazie alle conoscenze del padre e che fa una fine prevedibilissima. Sbagliatissima anche la scelta di realizzare il film in bianco e nero. Il colore avrebbe giovato maggiormente all'atmosfera esotica della pellicola. Nonostante tutto, non mi sento di affossare completamente l'opera in questione, forse per il fatto che film e romanzi con queste storie e queste ambientazioni, stimolano certi miei ricordi d'infanzia.

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