Regia di Jacques Audiard vedi scheda film
Brillante esordio di Jacques Audiard con un "polar" originale e di ottima fattura.
Figlio di Michel Audiard, forse il più grande sceneggiatore e dialoghista francese di sempre, Jacques Audiard esordisce dietro la macchina da presa con un polar fedele alle regole del genere, ma pieno di trovate originali, arricchito da un montaggio che scuote lo spettatore per la sua rapidità e il suo ritmo accelerato e racconta la vicenda su due piani temporali diversi, senza venir meno alla perfetta comprensibilità degli eventi. Tutti meriti pregevoli ai quali si aggiunge la perfetta interpretazione da parte dei tre protagonisti, Jean Yanne, Jean-Louis Trintignant e Mathieu Kassovitz. Il primo è Simon, un rappresentante di commercio intenzionato a vendicare la morte del suo amico Mickey, un poliziotto abbattuto da un pregiudicato che era sul punto di arrestare. Il secondo è Marx, l’assassino di Mickey, un killer cinico e spietato al quale si è aggregato Johnny, un giovane sempliciotto quanto appiccicoso, diventato fedele esecutore dei delitti di Marx. Sono tre figure disilluse e amareggiate, murate nelle rispettive solitudini e prive di obiettivi. Il film racconta da un lato l’ostinata ricerca della verità da parte di Simon, mentre dall’altro ricostruisce gli ultimi due anni di vita di Marx, partendo dal giorno in cui incontrò casualmente Johnny. La distanza temporale si assottiglia man mano che la pellicola avanza, fino all’incontro/scontro finale, con una sorpresa a dir poco originale che mi guardo bene dal rivelare.
Gara di bravura tra i tre protagonisti, dunque, ma mi permetto di collocare Jean Yanne una spanna sopra ai suoi due prestigiosi partners. Per carità, Jean-Louis Trintignant è impeccabile nella parte del killer apparentemente senza cuore e Mathieu Kassovitz ottiene uno strameritato César come “giovane speranza”, ma il personaggio incarnato da Jean Yanne è quello che mi ha maggiormente impressionato. Muovendosi ben oltre il tracciato del classico “polar”, dà vita ad una figura burbera e solitaria, un uomo consapevole, anche se solo per motivi anagrafici, di vivere l’ultima manciata di anni della sua vita, disincantato da tutto, ma che trova ancora l’energia per ristabilire la sua personale quanto illegale giustizia. Come sempre, questo immenso attore (nonché regista) riesce ad essere scostante nei modi quanto affascinante per l’intensità e la naturalezza con cui li mette in scena. Ricorda il miglior Alberto Sordi nei ruoli più drammatici che ebbe modo di interpretare. Un caratteraccio senza eguali, ma che seduce. Interprete in ben quattro tra i migliori film di Claude Chabrol, meriterebbe una riscoperta da parte del pubblico italiano.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta