Regia di Jacques Audiard vedi scheda film
Simon vende cose, vede gente, e di tutto questo, al suo cuore, non resta attaccato nulla. È questo il suo niente: il viso sfocato della figlia, la noia che sfianca il rapporto con la moglie, il mercato dei biglietti da visita che sprofonda. Un’identità sulla carta da stracciare. Che ripalpita, però, per Mickey, sbirro e figlio putativo, amore trattenuto. Quando questo viene ucciso, Simon sa cosa fare per dare senso alla propria esistenza. La vendetta segue i passi di due vagabondi, clochard che profanano quelli di Beckett: Marx e Johnny, vecchio e bambino, padrone e servo in ogni senso possibile, anche se quello sessuale per ora non s’esprime. La macchina polar s’accende: intreccia, incattivisce, agisce spietata per compensazione. Audiard, figlio di Michel, sceneggiatore glorioso, esordisce nel 1994 con un nero, acido, sardonico studio di caratteri spurgato dallo psicologismo, tratto da Triangle di Teri White, Série Noir Gallimard, con puntuta voce narrante da adattamento nouvelle vague. Quel che racconta è uno scontro d’eros e thanatos tra uomini sull’orlo della parodia, survoltati come in tutto il cinema francese anni 90, giocato su un tempo cronologicamente scomposto e riunito ghignando, per amore del noir come teorema. Un cumulo di dettagli, gesti, lembi di corpo, sguardi furiosi, un assalto sensoriale ma non sensazionalistico, che irruvidisce l’ironia del cinema del tempo nello sporco grottesco, nella patologia dei rapporti, nel sangue rappreso.
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