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Regarde les hommes tomber

Regia di Jacques Audiard vedi scheda film

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La recensione su Regarde les hommes tomber

di joseba
8 stelle

Simon, stagionato venditore di biglietti da visita et similia, è testimone involontario dell'omicidio di Mickey, un giovane poliziotto con cui ha un rapporto velatamente omosessuale. Contrariato dalla superficialità con la quale la squadra omicidi conduce l'inchiesta, decide di indagare da solo e, grazie alle informazioni di un "indicateur", riesce a risalire ai responsabili della morte di Mickey: si tratta del vecchio Marx, marginale da una vita col vizio del gioco, e di Johnny, giovane sprovveduto legato a Marx da una sudditanza psicologica totale. Primo lungometraggio del figlio d'arte Jacques Audiard (il padre Michel è stato uno dei mostri sacri del cinema francese: ha messo lo zampino in più di 120 sceneggiature), "Regarde les hommes tomber" è un noir psicologico con intense sfumature omoerotiche che non sconfina mai nello psicologismo o nel sensazionalismo d'accatto. Adattamento del romanzo "Triangle" di Teri White (pubblicato nella gloriosa "Série Noire" Gallimard col titolo "Un trio sans espoir"), il debutto alla regia dell'ex montatore e sceneggiatore Jacques Audiard (classe 1952) è un avvolgente studio di caratteri alle prese con le difficoltà della vita e con l'improvviso manifestarsi di attrazioni sentimentali che spingono ad uscire dalla cosiddetta normalità. L'amicizia di Simon (Jean Yanne) per Mickey (Yvon Back) e l'attaccamento di Johnny (Mathieu Kassovitz) a Marx (Jean-Louis Trintignant), oltre a rappresentare forme oblique di omosessualità, sono il pretesto per mostrare la lacerante urgenza di sentimenti repressi e bollati dai benpensanti come "ambigui" e "morbosi". Audiard racconta questo apologo sentimentale in chiave noir, scomponendo cronologicamente la narrazione: il film inizia dalla morte di Mickey per spiccare un poderoso salto all'indietro, soffermandosi sul primo incontro di Marx e Johnny (all'epoca ancora Frédéric), due sbandati che fanno l'autostop e si ritrovano casualmente nel vano posteriore di un furgone. Il giovane dropout si appiccica immediatamente allo scafato e zoppicante vagabondo, in cui riconosce una figura tra il paterno e il seducente: da questo momento in poi il film procede a zigzag tra presente (l'indagine di Simon) e passato (le vicissitudini dei due emarginati che per pagare i debiti di gioco finiscono per diventare killer), i piani temporali ricongiungendosi nel segmento finale. Il quarantaduenne cineasta parigino gira maledettamente bene e, sospinto dalle cangianti musiche d'atmosfera di Alexandre Desplat, sciorina una messa in scena di rara accortezza e incisività: dettagli a non finire (scarpe, bocche, bastoni, cicatrici), ellissi sospensive (marcate da dissolvenze in nero di struggente intensità), accelerazioni vertiginose (l'inizio dell'indagine di Simon è mostrata quasi interamente "alla veloce") e dilatazioni riflessive (l'incipit e il finale incorniciano "esistenzialisticamente" il film) fanno di "Regarde les hommes tomber" un noir visivamente malioso e particolarmente attento alle sensazioni dei personaggi, testimoniando l'emergenza di un talento registico che confermerà le sue doti nei successivi "Un héros très discret (1996), "Sur mes lèvres" (2001) e "De battre, mon coeur s'est arrêté" (2004), remake, quest'ultimo, del mai troppo lodato "Fingers" (1978) di James Toback. Un noir d'autore, in definitiva, non eccessivamente incalzante dal punto di vista del ritmo ma estremamente sottile nel cogliere le pulsazioni psicologiche e sentimentali dei personaggi rappresentati. Trintignant è l'impero alla fine della decadenza: sublime.

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